
Se non fossi assolutamente certo dell’onestà intellettuale dei giornalisti Antonio Polito - attuale direttore del “Corriere del Mezzogiorno” - e Marco Demarco - editorialista oltre che ex direttore dello stesso giornale - potrei sospettare che le loro considerazioni politiche svolte sulle elezioni regionali in Campania non siano dettate solo dal fatto che essi sono praticamente dei militanti del Partito democratico, ma anche da ragioni meno confessabili e molto più concrete.
Non mi si dica, perciò, parlando dell’editoriale di Demarco del “Corriere del Mezzogiorno” del 2 giugno scorso, che è vera analisi politica dare del colpevole a Stefano Caldoro per aver lasciato per strada l’alleanza con Ciriaco De Mita e non stigmatizzare il comportamento trasformista del leader di Nusco che può passare, con disinvoltura e senza dare spiegazioni, da uno schieramento all’altro senza minimamente scandalizzare né l’opinione pubblica né la stampa impegnata.
Ma, se il commento di Demarco è, a mio parere, sicuramente anomalo perché trascura la forte astensione al voto (meno dell’11 per cento rispetto all’ultima elezione regionale), sottovaluta l’affermazione dei grillini ed elude di evidenziare l’omologazione dell’intero Meridione al governo centrale, non meno “strane” ritengo le considerazioni prodotte dalle colonne del “Corsera” da Antonio Polito. Questi, infatti, quasi si congratula con Matteo Renzi per aver evitato la sconfitta sul piano nazionale avallando, con cinismo e spregiudicatezza, la vittoria di De Luca a Governatore della Campania nonostante questo successo sia da ascrivere in egual misura tanto a De Mita quanto al disprezzato voto dei cosiddetti “cosentiani”. E ancora non basta perché egli commette un’omissione enorme quando non prende affatto in esame l’esplosione della Lega e che Matteo Salvini ha letteralmente superato il Rubicone e sfondato in tutto il centro Italia.
Ora, se il quadro delle perplessità fatte è abbastanza chiaro, vorrei essere io a porre a questi due signori la seguente domanda: “Se è vero che la funzione degli intellettuali meridionali è di concorrere a liberare il Sud dalle baronie personali, dai cacicchi locali e dall’atavico difetto del trasformismo, perché alla prima occasione veramente utile vi avete rinunciato e vi siete appiattiti su un vuoto e sterile commento su quanto è avvenuto senza affrontare minimamente le cause vere?”.
Aggiornato il 06 aprile 2017 alle ore 15:03