Apriamo gli occhi...

Ciò che sta accadendo alla Grecia non è che un facsimile di quanto prima o poi accadrà anche a noi. C’è, infatti, in economia (ma non solo) un punto superato il quale non è più possibile tecnicamente rimediare ai guasti precedenti, o meglio sarebbe fattibile a condizione di trovare uno zio d’America così ricco da farsi garante nell’estinzione delle voragini debitorie.

In Italia per decenni, lo zio d’America lo ha fatto lo Stato, basti pensare ai continui risanamenti ai tempi delle partecipazioni statali, oppure ai regali alla Fiat con interventi ad hoc, oppure ancora all’enormità di soldi messi nelle Bin (Banche di Interesse Nazionale) per tappare gestioni a dir poco allegre. Non solo, ma sempre per decenni in Italia la politica ha fatto di peggio, oltre ad essere lo zio d’America a suon di debito di Stato, ha disposto elargizioni, privilegi e concessioni costosissime a favore di interi segmenti sociali, a partire dalla classe dirigente e parlamentare, che solo un Paese di Bengodi avrebbe potuto permettersi.

Nascono infatti così stipendi d’oro, compensi doppi e tripli per incarichi pubblici, baby pensioni, vitalizi, liquidazioni da favola, contributi figurativi, erogazioni a fondo perduto, insomma tutto ciò che oggi viene definito diritto acquisito oppure garantito dalla legge. Tutto vero nella realtà, perché legge dopo legge il Parlamento ha sempre emanato provvedimenti che consentissero tutte queste vergogne. Per decenni insomma si è fatto strame della programmazione economica, della sostenibilità nel tempo, della proiezione finanziaria, del concetto di deficit spending, pur di contentare di volta in volta sindacati, lobby, pubblico impiego e quant’altro. Lo si è fatto per acquisire consenso elettorale, per garantirsi l’appoggio dei potenti, per soddisfare il capitalismo familiare, per tenere a bada i desiderata del partito comunista di allora, per concedere l’inconcedibile, pur di avere in cambio Governo e potere. Come se non bastasse, per decenni non solo si è fatto questo, che già basterebbe per impallidire, ma si è pensato anche di sperperare, rubare, dissipare il denaro pubblico; lo si è fatto per finanziare la politica e i partiti, per arricchimenti personali e per corrompere la democrazia.

Questo ben di Dio, nella stragrande parte è stato realizzato a debito. Prima dell’euro ci pensava il Tesoro e la Banca d’Italia con l’emissione di titoli pubblici, dall’euro in poi ci hanno pensato trucchi e trucchetti ad eludere vincoli e obblighi, ma siccome non bastavano si è passati alla persecuzione ed alla estorsione fiscale ai danni dei cittadini. Infatti, specialmente negli ultimi anni, c’è stata una impennata delle tasse e dei sistemi per riscuoterle di tipo leviatano, terroristico e in larga parte usurario, con il risultato di depredare in ogni modo la gente mettendola sul lastrico, senza però riuscire a diminuire di un centesimo il debito pubblico che, al contrario, continua a espandersi come l’universo di Hubble.

Agli errori ed orrori della politica passata si sono sommati quelli della politica più recente. Leggi demenziali, trattati insostenibili, regali elettorali, spese disoneste e quant’altro, tale da comporre un quadro che oggi è letteralmente disperato: siamo tra i Paesi più indebitati al mondo. Un debito così grande e ciclopico da non potersi risolvere con la favola della crescita, anche perché, ammesso e non concesso, per porvi rimedio dovremmo crescere per anni e anni del 5/6 per cento l’anno e ovviamente questo è impensabile oltreché impossibile.

Resta dunque la revisione della spesa pubblica, la voragine cioè che si è aperta per le ragioni di cui parlavamo prima, ma qui appunto diritti acquisiti, malafede, incapacità e debolezza, disonestà intellettuale e talvolta fattuale, rendono la strada obbligata e difficilissima. Siamo insomma in un cul-de-sac drammatico, peggio ancora in mano a politici così mediocri da peggiorare la triste scena del Paese. Per uscire indenni e risanati da questo inferno servirebbero, infatti, scelte così rivoluzionarie da richiedere un’altra classe dirigente e politica. Solo pensare che possa essere Renzi il risolutore di tutto è semplicemente ridicolo. Da quando governa, l’ex sindaco di Firenze non ne ha azzeccata una e il debito e le inefficienze aumentano, per non parlare delle promesse a vanvera e degli annunci in libertà da pièce teatrale, compresa l’ultima, che con una crescita dello zero virgola l’Italia tornerà ricca e forte. Con Renzi siamo tornati indietro di decenni, alla politica piccina del panem et circenses, al cattocomunismo più infido, al trasversalismo più deteriore. Per portare fuori dalle secche il nostro Paese, più che riformare bisognerebbe rivoluzionare l’ossatura pubblica ovviamente in modo democratico, dalle funzioni amministrative agli apparati statali fino alla gestione finanziaria. Senza un abbattimento rapido di almeno 500/600 miliardi di debito, vendendo più che i gioielli, l’immensità del patrimonio immobiliare e l’infinità di aziende locali che solo in mano ai privati possono funzionare ed eliminando i diritti acquisiti di cui non se ne può più.

Serve l’accetta sulle pensioni d’oro, sugli stipendi in deroga, sulla mala-gestione sanitaria, sugli enti locali che rimettono con addizionali in capo ai cittadini quello che lo Stato gli decurta solo perché incapaci di ottimizzare, ristrutturare ed efficientare qualsiasi tipo di servizio. Se solo i nostri amministratori locali andassero a scuola da quelli inglesi o americani, i pianti del capo dell’Anci, Piero Fassino, non servirebbero e forse giardini, strade, asili, scuole e trasporti sarebbero degni di un Paese avanzato anche senza la vergogna della Tasi. Per salvare una pianta morente come la nostra serve di svasarla, cambiare la terra, potarla senza pietà, toglierla dal buio della disonestà e metterla alla luce del rispetto, degli interessi collettivi; solo così potrà rifiorire e germogliare. Altro che 80 euro, Jobs act, bonus simpatici, super presidi e precompilato.

Serve fare cassa, eliminando la presenza dello Stato nella metà delle cose che non sa fare, pacificando con una sanatoria fiscale la follia del contenzioso che si è generato con il tartassamento usurario, togliendo di mano gli statuti speciali agli amministratori che sperperano e mandando in pensione, perché costerebbe meno, migliaia di impiegati di uffici pubblici che non servono e non funzionano. Dopo averle salvate, sempre con soldi pubblici, serve di prendere per le orecchie le banche e obbligarle per legge a erogare liquidità all’economia reale, con garanzie possibili e non da strozzini; serve eliminare il limite del contante e le persecuzioni fiscali; serve imporre ai magistrati un tempo per decidere e non consentirgli di fare processi a vita; serve l’autocertificazione per tutto, rimettendo al centro l’individuo, solo così ci si salverà, altrimenti il default prima o poi arriverà e per come stiamo sarà tecnicamente certo. Altro che ripresa, futuro, lavoro e benessere.

Siamo finiti nelle grinfie dei mercati, di un’Europa tedesca, di una politica succube e ipocrita, di una classe dirigente che sa solo mettere pezze a colori e intascare stipendi che non merita. Arrivano le elezioni regionali e toccherà a noi stavolta dimostrare chi siamo e ciò che vogliamo. Apriamo gli occhi e guardiamo altrove. Votare diversamente non solo è possibile, ma a questo punto diventa indifferibile.

 

Aggiornato il 06 aprile 2017 alle ore 15:03