L’Italia siamo noi,  riprendiamocela!

Che in Italia i diritti costituzionali fossero largamente se non sospesi quantomeno elusi ed offesi, è fatto noto e antico ed è proprio su questo che vorremmo insistere, cioè sul paradosso dell’assenza di un fatto finalmente nuovo di fronte ad uno tristemente antico.

Quello che stupisce, infatti, è la incredibile debolezza con la quale ormai gli italiani accettino ogni tipo di sopruso sui diritti naturali e costituzionali che possiedono. A partire dal fisco, dalla applicazione della giustizia, dalle garanzie sociali, dall’uguaglianza di tutti, dal diritto al lavoro, dalla sovranità popolare, dalla garanzia sulla privatezza, assistiamo da anni allo strame delle prerogative assegnate ai cittadini. Basterebbe per questo citare solo gli ultimi episodi delle sentenze della Corte più alta (dirigenti di Equitalia e adeguamenti pensionistici), per rendersene conto, ma volendo allargare l’orizzonte potremmo citare le patrimoniali sulla casa, l’adesione all’euro, i ribaltoni parlamentari, i referendum inapplicati, per arrivare a comporre un elenco sullo stato del diritto in Italia.

Nella sostanza anno dopo anno, governi e maggioranza ci hanno deprivato di quasi tutto e il peggio vuole che lo abbiano fatto sottilmente, illudendoci che fosse per il nostro bene. Non era e non è così. Il nostro bene sarebbe tutt’altro, così come quello di ogni Paese dove il diritto, specialmente costituzionale, venisse applicato alla regola, piuttosto che considerato una paginetta di buoni propositi da attuare solo se possibile. Verrebbe da chiedersi che forse sarà proprio questo il motivo per cui ci si affanna così tanto a voler modificare la Carta e cioè ci si è resi conto di quanto non la si applichi più, per dover correre ai ripari, stravolgendola prima che sia tardi e che la gente se ne accorga. Va da sé, infatti, che se il popolo si alzasse una buona mattina consapevole di quanti diritti gli siano negati, di quante violazioni sia obbligato a subire, di quanti abusi sia costretto a sopportare, chiedendo per questo a voce alta e con fermezza il ripristino delle regole fondamentali, sarebbero dolori per la politica e per i politici.

Si confida invece in una pazienza, in una sorta di rassegnazione, in un indebolimento della capacità di opinare, che consente di porre e disporre, fare e disfare, tassare e tartassare, con un libero arbitrio che mortifica democrazia e diritti. Pensiamo solamente a quanto è accaduto dal licenziamento in tronco di Silvio Berlusconi. Ci hanno imposto tre Premier non eletti, applicato patrimoniali a gogò, privato di ogni privatezza, obbligati a soccombere all’Europa, impedito una quantità di azioni referendarie, costretti ad andare in pensione in limine limitis; insomma, ci hanno ridotti all’impotenza, alla sudditanza. È tutta qua la fine della democrazia che abbiamo letta e studiata, la fine della libertà, che abbiamo conquistata con dolore e sacrificio, la mutilazione del diritto ad essere rispettati e ascoltati, la fine nei fatti del concetto di liberté, égalité, fraternité.

Anno dopo anno, per tappare scandali, buchi provocati dal malaffare, disonestà da interesse individuale, scelte scellerate in barba al senso laico dell’amor patrio, disinteresse per la collettività, mantenimento di privilegi medievali, ci hanno ridotto all’impotenza, all’essere un optional, un’evenienza, ad una massa come quella del Principe di Machiavelli.

Arrivati a questo punto cosa ci resta? Cosa resta a chi crede fino in fondo nel primato della democrazia e del diritto? Perché sia chiaro, non siamo rivoluzionari, agit-prop e nemmeno scalmanati, per questo resta solo il voto e la scelta elettorale. È l’unica certezza nelle nostre mani, la bomba atomica rappresentata dalla matita con la quale possiamo cancellare chi vogliamo, esercitare un potere così forte da annichilire cialtroni e disonesti, bugiardi e incapaci, chiacchieroni e mediocri. Capire questo significa per gli italiani esercitare il diritto alla speranza, votare e votare tutti significa rientrare in possesso della più importante prerogativa rimasta. Per questo gli astensionisti devono tornare al voto, devono farlo per il futuro dei giovani, per il bene di tutti, per la dignità del nostro Paese e soprattutto per punire democraticamente chi ci ha ridotto così.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:20