Quanto è difficile fare le riforme in Italia

Dal 1996 ogni 21 marzo si celebra la Giornata della Memoria e dell’Impegno per ricordare le vittime innocenti di tutte le mafie. Il 21 marzo, primo giorno di primavera, è il simbolo della speranza che si rinnova. Don Luigi Sturzo sosteneva che “la speranza è un dovere”. Si continua a scrivere tra un nuovo modo di trasformare l’Italia ed una vecchia resistenza dovuta alle vecchie consorterie.

Ma perché è così difficile fare le riforme in Italia?

Fare le riforme in Italia non è solo difficile ma talvolta pericoloso. Un po’ di tempo fa, quando si tentò di cambiare le leggi sul mercato del lavoro ci scappò il morto. Sul selciato vi rimase il professor Marco Biagi ucciso dalle brigate rosse. Tre anni prima di lui era stato ucciso il professor Massimo D’Antona. Qualche anno dopo era nel mirino il professor Pietro Ichino. Dovunque le riforme provocano resistenza al cambiamento e reazioni corporative, ma in Italia a questi ingredienti si aggiunge sempre una giustificazione ideologica o politica e così la miscela diventa esplosiva. Anche cambiare piccole ma radicate abitudini è problematico…basti pensare a quello che successe appena il governo Monti propose di lasciare ai commercianti la libertà dell’apertura domenicale. Alla rivolta della categoria si aggiunse anche quella delle Regioni e dei Comuni in nome del loro diritto a decidere in materia, dei Sindacati in nome al diritto del riposo dei lavoratori. Talvolta invece è la potenza delle lobby che riesce a frenare il cambiamento. Facciamo un altro esempio, quello del trasporto privato. Il tentativo di distribuire qualche licenza di taxi in più nelle grandi città si scontrò inevitabilmente con sommosse di piazza e giornate di caos. Ma anche mettere le mani nella Istruzione o nella Giustizia, che forse è il settore con le peggiori performance della pubblica amministrazione, risulta impossibile. In quest’ultimo caso per la forza di resistenza e pressione della associazione dei magistrati che non esitano a scioperare come fossero dei metalmeccanici.

Ora tocca alla scuola.

L’impotenza riformista in Italia nasce dalla debolezza del sistema politico italiano. Spaventati dal ricatto elettorale delle categorie, dalla forza di mobilitazione del sindacato, dalla minaccia dei poteri forti, di solito i governi lasciano perdere. I politici cercano di non essere impopolari, per non perdere consensi e voti, mantenendo così le clientele. Anche per questo tempo fa si è dovuti ricorrere ad un governo di tecnici nella speranza che questi possano godere di maggiore libertà dei politici, nell’operare.

Ma la cosa non è scontata.

Sembrerebbe che in Italia, i più, a certi livelli, tecnici o politici che siano, siano “obbligati a ricambiare”, in debito di riconoscenza, se non forse peggio sotto ricatto. Abbiamo bisogno, quanto prima possibile, di una classe politica e di governanti, che dia non solo certezze sull’essere libera e forte nei confronti di qualsiasi tipo di condizionamento, ma anche sul fatto di essere adeguatamente competente. Il tempo non ci concede più errori di nessun tipo, ne va del vivere civile. E chiede alla coscienza di tutti, elettori ed eletti, di far responsabilmente buona memoria del passato, per non ripetere gli stessi errori o farne di peggiori.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:20