
L’altro giorno la Corte Costituzionale faceva sapere che anche l’ultimo bastione ideologico della legge 40 sulla fecondazione assistita, la famigerata “legge burqa” secondo la ormai nota definizione di Margherita Boniver, era caduto: è stato infatti dichiarato incostituzionale il divieto di analizzare gli embrioni di coppie fertili portatrici di malattie genetiche prima di impiantarli. Era una cosa logica: una donna che vuole un figlio evita di farlo se sa che dovrà soffrire tutta la propria breve esistenza e poi morire senza possibilità di essere curato.
Ma questo qualche idiota dell’ex centrodestra dei tempi che furono osava chiamarlo “eugenetica”. Con il paradosso che la coppia che non poteva avere l’analisi pre-impianto aveva diritto invece di usufruire della legge 194 che consentiva l’aborto. Tradotto in parole povere: non puoi sapere se tuo figlio verrà sano prima che nasca, in compenso se sta per nascere malato potrai sempre “ucciderlo” in un secondo momento.
Nella vicenda della legge 40, così come in quella delle altre leggi manifesto che hanno prodotto solo danni, legge sulla droga di Fini e Giovanardi, legge sull’immigrazione di Bossi e Fini, c’è tutta la storia dell’attuale disintegrazione politica dei moderati in Italia. Tre volte gli italiani hanno mandato Silvio Berlusconi al governo e questi sono stati i risultati: le tasse si sono abbassate pochissimo, le maggioranze erano sempre litigiose per le smanie di protagonismo dei vari Fini, Bossi e Casini, e le leggi che hanno caratterizzato questo infausto ventennio sono state queste.
Fini, addirittura, per mettere la bandierina post-missina sulla propria vicepresidenza del Consiglio, non ha esitato a far introdurre una nuova, errata, legislazione in materia di stupefacenti, anche leggeri, all’interno di un decreto legge sulle Olimpiadi invernali di Torino (2006). Con il risultato di ritrovarsi una declaratoria di incostituzionalità in toto solo per il metodo. Ma anche il merito è stato quello che è stato. Dio ha punito Fini, ma gli italiani si sono ritrovati con le galere piene di poveri sfigati e con una giustizia al collasso. Le carceri infatti tuttora scoppiano, i processi penali per piccolo spaccio si sono moltiplicati e il settore giustizia, che già stava come stava, ormai è collassato e nessuno ha la chiave per ricominciare un circolo virtuoso.
Pochi anni di governo del Pdl hanno quindi ridotto un Paese allo stremo e così la sinistra ha potuto vincere a campo vuoto: prima per poche migliaia di voti con Bersani e poi con l’esplosione del fenomeno Renzi. Semplicemente promettendo che certe leggi e certe ideologie del cattivismo non ci saranno più. Ha vinto il Partito democratico perché la squadra gioca da sola essendosi, l’altra, praticamente disintegrata sotto il peso dei propri errori e anche degli scandali. Ora però anche per la sinistra i nodi vengono al pettine: gestire l’esistente solo confidando nella fine dell’avversario politico genera esclusivamente assenteismo elettorale. Al Paese occorre altro che l’Expo di Eataly e il Giubileo di Papa Francesco per uscire dalla stagnazione. E se scoppia un caso come quello delle indicizzazioni delle pensioni da restituire per una sacrosanta sentenza della Corte Costituzionale, che mette una toppa alla pessima legge di Monti e Fornero, non si sa letteralmente dove andare a sbattere la testa.
Anche perché non si ha il coraggio di abbandonare l’ipocrisia moralista che produce all’Italia danni economici e sociali che cominciano ad essere irreparabili. Rispetto all’Inps e alle pensioni retributive va ricordato ai vari Zanetti, Della Vedova e Fornero, i campioni del non partito di “Scelta Cinica” che se un’assicurazione privata avesse avuto tutto quel denaro da gestire, milioni di contributi versati, anzi trattenuti in busta, per decine di anni a tutti gli italiani che lavorano o quasi, oggi quel fondo assicurativo sarebbe quasi ricco come un fondo sovrano cinese o del Dubai. Facendo anche la tara all’invecchiamento del Paese e al tasso di disoccupazione giovanile sempre in aumento. Il problema è che l’Inps, che ovviamente con il fascismo funzionava benissimo, con l’Italia democristiana e delle ammucchiate con il Psi e il Pci è diventato un ente greppia. Dove tutti i Governi della Prima e della Seconda Repubblica hanno messo le mani per esigenze di cassa, se del caso approvando anche leggi scandalo come la legge Mosca per dare pensioni clientelari ai sindacalisti e ai trombati della politica e per usare la previdenza, erroneamente confusa anche con l’assistenza, a fini elettorali. E oggi geni del nulla come l’attuale presidente dell’Inps, Tito Boeri, vorrebbero mettere in discussione i diritti acquisti di chi non ha avuto colpe. Il tutto dimenticando, o facendo finta, l’intenso dibattito sull’Inps che ci fu nel dopoguerra già all’epoca della Costituente. Quando non poche categorie di lavoratori autonomi e dipendenti proponevano di fare come in America in cui la pensione il singolo se la fa privatamente. Già da allora, infatti, era facile prevedere che l’Inps sarebbe diventato un carrozzone in mano ai famelici democristiani e poi ai socialisti, ai comunisti e ai sindacalisti.
Gente che se avesse amministrato alla stessa maniera un qualunque fondo assicurativo privato sarebbe stata mandata in carcere per bancarotta fraudolenta, malversazione e appropriazione indebita dei soldi dei pensionati. Purtroppo la “staatslehre”, l’idolatria statale e statalista che caratterizza la politica italiana dal dopoguerra a oggi, non permise una semplice cosa che invece un conservatore come David Cameron ha rilanciato proprio poco prima di vincere le elezioni in Gran Bretagna: il famoso “opting out”. Siccome non siamo sicuri di garantire ai giovani adeguate pensioni in futuro, chi vuole ritiri i soldi versati, con tanto di interessi e rivalutazioni, e ci faccia quel che meglio crede. Ma in Italia non esiste un centrodestra pragmatico ed a-ideologico: anzi l’ideologia quando non c’è si inventa, come hanno fatto i vari teorizzatori del nulla tipo Quagliariello, Roccella, Sacconi, eccetera. Quelli che hanno portato alla atomizzazione di tutta l’area moderata che ormai, con Berlusconi vicino agli 80 anni, non sa a chi votarsi. Né chi votare. E non sarà certo un cacicco come Raffaele Fitto a cambiare questa situazione, visto che tra lui e Cameron c’è la stessa differenza che ci sta tra due calciatori come Pogba e Doumbia: in comune hanno solo il colore della pelle.
Come si diceva, la sinistra se ne frega di fare riforme vere perché vive di rendita e lo slogan è “Quieta non movere”. Non fare nulla, come i democristiani, tanto i voti arrivano da soli e gli altri non votano. A questo punto occorrerebbe in Italia un politico di centrodestra che invece che dedicarsi all’oppressione dei diritti degli omosessuali o al punizionismo verso i devianti della droga si dedicasse a cose più pratiche: tipo trovare i soldi. Uno che ragionasse come Ron Paul. Uno che non abbia paura di proporre la legalizzazione della prostituzione per fare cassa e poi anche quella delle droghe leggere, per uso terapeutico e ricreativo, sulla falsariga di stati americani come il Colorado o Washington D.C.
Una cosetta da circa 15 o 20 miliardi di euro l’anno di tax income, tanto per cominciare. Così da una parte si leverebbe un bancomat alla mafia e la si strangolerebbe senza dover spendere troppi soldi per apparati di sicurezza ormai elefantiaci quanto impotenti, vedi l’ultima relazione della Direzione nazionale antimafia in proposito, e dall’altra lo Stato farebbe cassa. E che cassa... Senza ipocrisie moralistiche da finti e veri bigotti: il nostro Paese l’anno scorso ha incrementato del 24 per cento l’export delle armi da guerra verso tutto il pianeta, e non è che quelle armi servano alla pace o alla salute degli esseri umani. Vendere marijuana o tassare le ormai centinaia di migliaia di prostitute part-time che hanno invaso la penisola, dall’estero e dall’interno, non sarebbe di certo più amorale. Ecco, io penso che un nuovo centrodestra dovrebbe avere il coraggio di imporsi con idee pragmatiche e rivoluzionarie. E l’unica persona che mi viene in mente in tal senso è Daniele Capezzone. Che, simpatia e comunicatività a parte, durante la sua indimenticabile segreteria radicale durata un quinquennio ha dato un enorme contributo in materia di un “homo novus destrorsus”. Certo poi, parcheggiato dieci anni dentro quel partito finto e pieno di adulatori e peripatetiche che è diventato Forza Italia, è un po’ scomparso dai radar. Ma sarebbe ancora la persona giusta in tal senso. Altro che fare il gregario di lusso di Raffaele Fitto.
In questo contesto storico che vede Renzi scricchiolare, perché gestire un Paese in pieno declino solo con le buone intenzioni e le belle parole non è più possibile, sarebbe il momento, per un nuovo leader di centrodestra, di prendere la palla al balzo per proporre cose di questo tipo. Che poi si legherebbero anche alle tematiche centrali del dibattito politico: che in Italia rimangono la giustizia e il fisco. Con le rispettive innumerevoli vittime. Citando gli slogan delle femministe alle vongole che scendevano in piazza contro Silvio Berlusconi nel 2011: “Se non ora, quando?”.
@buffadimitri
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:35