
Letizia Battaglia, fotografa che ritrasse la tragica sequenza dell’assassinio del fratello (Piersanti, ndr) dell’attuale Presidente della Repubblica, ha inviato a quest’ultimo una lettera invitandolo a “rivedere la bocciatura di Di Matteo, candidato alla Procura Nazionale Antimafia”.
A parte questa disinvolta opinione circa la revoca degli atti amministrativi nutrita dalla ex fotografia e dalla stampa dell’“Antimafia Devozionale” (come la chiama con ineguagliabile puntualità Guido Vitiello), credo sia da non dimenticare quello che nella sostanza sarebbe la nomina richiesta (e bocciata) di Nino Di Matteo.
Di Matteo ha dichiarato pubblicamente, quando fu nota la sua partecipazione al concorso per la Procura Nazionale, che non avrebbe abbandonato comunque Palermo ed il suo “posto di combattimento”. Che significa?
Significa che, se fosse stato nominato Sostituto Procuratore Nazionale Antimafia, come da lui richiesto, avrebbe immediatamente richiesto (ed ottenuto) di essere “applicato a Palermo, presso la Procura distrettuale”. In trasferta (lo fanno molti Sostituti Procuratori Nazionali).
A meno che non avesse il pensiero segreto di rinunziarvi (non so se sia possibile, tanto per complicare la vita dei contabili dello Stato), Di Matteo avrebbe percepito, se vincitore del concorso - anche se non si sarebbe mosso dalla sua poltrona, cambiando solo la targa alla porta e l’intestazione della carta che usa - l’indennità di trasferta (virtuale) da Roma a Palermo (escluse, forse, le spese di viaggio); indennità che tuttavia non avrebbe cambiato denominazione, come avrebbe dovuto, in “indennità di immobilità”.
Bello, no? Questo pretendono i fans di Di Matteo e del “Processo per la Trattativa”; per questo la ex fotografa implora al Presidente Mattarella di strapazzare leggi e regolamenti e di strappare la delibera del Consiglio superiore della magistratura.
Ecco la “devozione” dell’Antimafia.
(*) Articolo tratto da giustiziagiusta
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:32