
La fine politica di Berlusconi (per il quale non riusciamo ad immaginare un ruolo di “capetto” di un partitino), l’ha decretata da sé quando, sconfitto dal Partito dei Magistrati, invece di lasciare ai molti che ancora avevano nostalgia della sua figura e del suo ruolo il compito di denunciare al Paese e combattere la macchina di prevaricazione e di persecuzione che, dopo averlo disarcionato rimaneva (e rimane) incombente nella politica italiana, sintesi, simbolo e centro di manovra di tutte le tendenze antidemocratiche ed antiliberali, ha, invece, accettato di andare a fare il suo periodo di “affidamento in prova” non già presso quell’istituto di assistenza, ma presso il Governo Letta e, poi, presso il Governo Renzi.
Durante l’affidamento in prova assieme a quel che gli restava di Forza Italia che, al suo seguito si è pure sottoposta a quel degradante assoggettamento, Berlusconi ne ha fatte quante gliene restavano da fare dopo il poco produttivo ventennio della sua fortuna politica. La “prova” è consistita nel dare una mano allo sciagurato programma (si fa per dire) di cosiddette riforme.
La devastazione del sistema costituzionale italiano (non tanto della Costituzione vigente, ma del sistema in quanto tale) ha avuto la complicità di Berlusconi. E così la rottamazione del Senato, la nuova legge elettorale che riproduce le peggiori sciaguratezze di quella precedente e del “Porcellum” in particolare, dichiarato incostituzionale dalla Consulta. Ma, soprattutto, Berlusconi ha fatto da imbuto per versare nella botte inacidita di Renzi il “moderatismo”.
Chi dice che Renzi ha distrutto il Partito Democratico non dice poi cosa troppo lontana dalla verità. Non è più il Partito Democratico perché è un partito “monocratico”, di sinistra (per quello che la sinistra ha rappresentato in Italia nell’ultimo secolo) ma anche di destra. Oggi, con un patetico appello, Berlusconi vorrebbe chiamare a raccolta i “moderati”.
Ma i moderati sono ovunque ci sarebbe da fare qualcosa che esige determinazione e chiarezza di idee nuove per “moderatamente” non farle. Il partito “monocratico di Renzi”, poi, è un partito moderatamente (per ora) antidemocratico, moderatamente tendente all’autoritarismo. Moderatamente inconcludente.
Tutti si possono chiamare a raccolta contro il “Partito Monocratico” di Renzi fuorché i “moderati”, espressione con la quale Berlusconi, nella buona e nella cattiva sorte, ha camuffato la sua sostanziale vacuità politica. Il “no al partito monocratico” non è la formula di un nuovo partito inteso come formazione capace di essere maggioranza e forza per un governo. È uno strumento di resistenza, il presupposto per la creazione di una forza liberale che non esista solo per rappresentare un’ipotesi di maggioranza.
Un partito vero è quello che ha una ragione d’essere anche come minoranza, come idea forza da professare in ogni momento della vita pubblica capace di elaborare una fede comune, e soluzioni comuni di problemi. Altro che “partito repubblicano” da fare perché ora c’è un “partito monocratico” che si chiama “democratico”!
Quindi, amici “no al partito monocratico”. La libertà ci ispiri per creare una forza politica che la difende e la realizzi. Intanto lavoriamo per produrre “idee liberali”, per un progetto liberale di Stato e di società. Poi penseremo ad essere anche maggioranza.
(*) Articolo tratto da Giustiziagiusta.info
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:34