
Più che il crollo di Forza Italia, assolutamente scontato, preoccupa l’andazzo di tutto il centrodestra che, continuando così, non andrà di certo lontano. Sembra infatti, che l’area contraria al centrosinistra a partire da Salvini e Meloni si sia imballata dopo un periodo di interessante crescita elettorale. Di fronte a questo, che Forza Italia stia come stia non conta granché, il partito del Cavaliere rispecchia, seppure in modo eclatante, lo sbandamento totale di un’area di pensiero che si è perduta per strada.
Da mesi sottolineiamo l’urgenza di un confronto serio fra Berlusconi, Salvini e Meloni, la necessità di un programma comune, l’importanza di stabilire, se non un leader, almeno un porta bandiere della rinascita di un polo antagonista e l’indispensabilità di tornare ai temi connotativi della liberaldemocrazia a partire dalle tasse. Senza queste precondizioni parlare di centrodestra è solo un inutile esercizio dialogico, infatti, non solo i tre vanno in ordine sparso, ma ovviamente anche quelli che come Salvini tiravano, ora accusano i sintomi di uno stallo evidente e conseguente.
La Lega non può certo immaginare di crescere oltre insistendo solamente sull’immigrazione, il tema per carità è vitale, ma non può bastare per edificare un nuovo palazzo della liberaldemocrazia, come non può bastare l’intransigenza su tutto, della pur brava Meloni, è chiaro che serva altro e purtroppo i risultati che verranno dalle regionali lo confermeranno. Come se non bastasse permane fra Berlusconi, Salvini e Meloni un tasso di litigiosità a dir poco suicida, a poco serve attaccare Fitto, piuttosto che Tosi se poi si da l’esempio peggiore tra i leader. Insomma, dopo un disastro politico come quello degli ultimi anni, la cui responsabilità è di tutti gli ex Pdl, perché non ci si dimentichi che Monti fu appoggiato largamente seppure in modo diverso un po’ da tutti. Ricostruire significa ripartire da una identità di vedute e di traguardi, su questo si giocherà il futuro del centrodestra se vorrà candidarsi alla guida del Paese, altrimenti al massimo potrà candidarsi a una opposizione a vita per ottenere poco o niente, briciole insomma.
L’astensionismo nel quale si sono rifugiati milioni di elettori, che votavano Pdl, non si recupera con slogan, ma solamente mettendo in piedi un programma serio e puntuale che li faccia sentire rappresentati, partecipati e soprattutto sicuri di aver ben riposto la fiducia. A questo proposito basti pensare al Ncd, al male elettorale che ha suscitato un movimento che, nato con i voti di centrodestra, sia finito poi a rappresentare le ragioni di Renzi e del centrosinistra. In buona sostanza, per recuperare la bussola e farsi valere, oggi servono quelle virtù che purtroppo mancano ad ogni latitudine della destra più o meno moderata ed il vero compito di Berlusconi potrebbe essere questo, ma non per tornare a candidarsi leader maximo. Infatti, quell’epoca è finita e sepolta sotto lo sbaglio del “patto Verdini”, il Cavaliere dovrebbe solo utilizzare la sua esperienza e la sua capacità di mettere insieme le diverse anime politiche.
Se Berlusconi saprà farlo, sapendo però di essere solo un “padre nobile” e non più un comandante in capo, un risultato potrà esserci con il consenso di tutti, altrimenti ognuno andrà per conto proprio magari ottenendo qualche seggio in più, ma seppellendo l’idea di un polo alternativo. È questa l’unica svolta possibile il resto è solo piccola gloria personale. Gli italiani aspettano di capire, almeno quei milioni di delusi Pdl, per perdere la loro fiducia ce ne è voluta, per riconquistarla ce ne vorrà sicuramente di più.
Aggiornato il 06 aprile 2017 alle ore 15:04