
Poche ore fa, Carmelo Barbagallo, capo della Vigilanza bancaria e finanziaria, ha sollecitato anche per le BCC "interventi normativi" atti a "favorire l'integrazione" e "superare gli svantaggi della piccola dimensione. Ciò che preoccupa la Vigilanza sarebbe ,oltre l'assenza di "contrappesi alle figure apicali", la "presenza frequente di conflitti di interesse", le "debolezze nell’assetto dei controlli interni" e, dulcis in fundo, la mancata diversificazione dei ricavi. Ma vediamo anche il punto di vista dei sindacati. Lo facciamo con Alessandro Spaggiari, segretario nazionale fiba-CISL.
Prima l’intervento del Governo sulle banche popolari e adesso si parla dell’autoriforma del credito cooperativo. Cosa sta accadendo?
Non abbiamo condiviso l’intervento sulle banche popolari e a maggior ragione non lo condivideremmo sulle BCC. Non ritengo tuttavia che ci sia questa intenzione da parte del Governo, né una sensibilità in tal senso della vigilanza. Tuttavia un conto sono le banche popolari e un conto sono le banche di credito cooperativo a mutualità prevalente. Sono certo che non sfugga l’importanza di avere un pluralismo nei modelli bancari che serva esigenze diverse e che sia in grado di assorbire più efficacemente gli shock esterni.
In tutti i grandi paesi, anche europei, a nessuno verrebbe mai in mente di omologare i modelli bancari. Basti pensare alla Germania e al denaro pubblico investito per rafforzare le proprie banche popolari. Figuriamoci quanto valga per l’Italia, che ha un sistema produttivo costituito da piccole e medie imprese e una morfologia territoriale estremamente disomogenea e articolata. Lo sa che in circa duecento comuni le BCC sono l’unica soggetto bancario presente? E poi, quando la crisi finanziaria esplosa nel 2008 si è trasformata in crisi dell’economia produttiva e dei debiti sovrani, provi a pensare cosa sarebbe accaduto se avessimo avuto un sistema bancario costituito da una unica tipologia di banca? Un disastro annunciato.
Ma allora non c’è ragione di parlare di riforma delle banche di credito cooperativo?
Al contrario. La crisi economica ha messo in evidenza molti limiti strutturali preesistenti che sono stati amplificati dagli effetti della stessa. Lo evidenziamo da molti anni e all’inizio del 2014 abbiamo argomentato compiutamente le ragioni in un documento con analisi e proposte precise, che allora fu respinto da Federcasse con sdegno e che oggi si conferma essere estremamente puntuale e circostanziato. E, ci tengo a rimarcarlo, questo atteggiamento ci ha fatto perdere oltre un anno di tempo per impostare i cambiamenti necessari.
Oggi le analisi che ci vengono proposte sono più o mene quelle già contenute nel nostro documento, ma nel frattempo si sono logorate molte situazioni. In più, in alcuni ambienti del credito cooperativo si ipotizza una riforma verticistica che non affronterebbe i problemi reali, ma al contrario snaturerebbe il valore aggiunto del modello: il localismo e la mutualità.
Ecco, il punto è questo. Prima non si è voluta vedere la realtà e adesso alcuni vorrebbero utilizzare la situazione per traguardare cambiamenti sbagliati.
La strada delle riforme pare quindi inevitabile. Qualcuno potrebbe affermare che il Sindacato sarebbe opportuno che si occupasse dei temi del lavoro e non di altro. Lei cosa ne pensa?
Recentemente il Presidente di Federcasse Alessandro Azzi ha chiesto alle organizzazioni sindacali di contribuire al dibattito e unire le forze per fare assieme i cambiamenti necessari. Quindi non penso si tratti di lui, mi stupirebbe.
In ogni caso quando gli effetti delle situazioni producono rilevanti instabilità, le cui conseguenze si scaricano prima di tutto sui lavoratori a partire dalla tenuta dei livelli occupazionali, ritengo che sia nostro dovere occuparcene e possibilmente prevenirle. Chi immagina che il sindacato debba solamente gestire le ricadute ha una visione fordista decisamente superata in una società complessa e avanzata come la nostra.
Non vorrei che anziché un approccio desueto, tali posizioni fossero ispirate più semplicemente dalla difesa di privilegi e rendite di posizione. In un caso o nell’altro non sarebbero giustificabili in termini di principio e figuriamoci se lo possano essere nel Credito Cooperativo mutualistico e solidaristico.
Quindi il tema del rinnovo contrattuale si iscrive in questa logica e non può prescindere da una condivisione progettuale e, aggiungo, da una corresponsabilizzazione misurabile.
In questi giorni riprenderà il confronto. Cosa si prevede?
Innanzitutto che il confronto per il rinnovo dei patti di lavoro e sull’autoriforma siano allineati, perché i contratti sono uno strumento per regolare le variabili in campo che non sono ancora definite.
Una cosa tuttavia posso già dirla. Se qualcuno volesse approfittare della situazione per aumentare gli spazi di discrezionalità, imporre unilateralmente sacrifici ai lavoratori o preservare rendite di posizione a discapito dei più non potrebbe contare su di noi.
Noi offriamo la nostra responsabilità a fronte di un cambio di passo. Dobbiamo parlare di tutto, agire con equità, allargare la partecipazione, modulare le soluzioni in ragione delle esigenze reali.
Il giorno 16 aprile presenteremo all’auditorium di via Rieti a Roma la nostra idea di autoriforma, che riteniamo possa essere inclusiva. La confronteremo con molti protagonisti della vita sociale, imprenditoriale, politica, accademica del nostro Paese per metterla a disposizione di tutti.
Negli stessi giorni riprenderà anche il confronto negoziale con Federcasse.
Penso sarebbe un bel segnale di novità poter integrare le due questioni, con la consapevolezza che tutti possiamo dare un contributo importante e che stiamo operando per un futuro realmente inclusivo e partecipato.
Il credito cooperativo, per altro, non ha padroni. Soci e dipendenti sono le proprie risorse che deve valorizzare. Ecco, mi aspetto che ci siano prima di tutto risposte concrete in questa direzione. Sul presupposto della pari dignità si possono trovare tutte le soluzioni del caso per superare le criticità attuali e rilanciare un modello, quello cooperativo, estremamente moderno.
Mettere al centro la persona significa questo.
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:30