
E se il “caso Paita” divenisse la “scusa” per riaprire i giochi democratici in Liguria e Campania? Per il momento tutti sembrano tenere la posizione: Matteo Renzi conferma la fiducia nella sua “delfina” ligure (cagione di un fragorosa quanto rischiosa scissione interna) e il Partito democratico ligure fa quadrato intorno ad una candidatura che i sondaggi indicano vincente. Ma l’imbarazzo è forte.
E le parole della stessa candidata (“sono a disposizione del partito”), sembrano far intravedere un sottotraccia di pressioni per un suo - elegante quanto non richiesto - passo indietro. Una scelta che potrebbe riaprire il dialogo con la sinistra Pd ligure e nazionale, far rientrare o comunque svuotare di significato la candidatura Pastorino (assai utile per mettere al sicuro il risultato nella Liguria di Grillo), stemperare le tensioni interne accumulate sull’Italicum e riaprire la “partita” De Luca in Campania.
I tipici quattro piccioni con un avviso! Del resto, l’idea di mantenere in corsa - e in due regioni decisive per il Pd - candidature in qualche modo “segnate”, rappresenterebbe olio nel lume di chi addita l’intermittente linea garantista del Premier.
Non più tardi di qualche settimana fa, in piena bufera-Lupi, Renzi aveva ribadito il no a passi indietro di fronte ad avvisi di garanzia. Un no che il moltiplicarsi dei casi (tre sottosegretari, due candidati governatori) potrebbe rientrare soprattutto se utile alla causa: ovvero sfilare Area Popolare a Caldoro in Campania ed a Toti in Liguria. In fondo l’obiettivo, per tanti - se non per tutti - è rafforzare il Governo.
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:23