Contrada, condanna della Corte Ue all’Italia

Il 416 bis non era da considerare un reato prima del 1982 e il concorso eterno resta un concetto accusatorio poco chiaro. Per questi motivi la Corte europea dei diritti dell’uomo ha condannato per la seconda volta in due anni l’Italia a risarcire 10mila euro a Bruno Contrada, ex super poliziotto antimafia a Palermo, prima, e poi ai vertici del Sisde. Condannato senza riscontri sulla sola parola dei pentiti di mafia che lui stesso anni prima aveva catturato e fatto condannare.

Un anno fa la condanna verteva sullo stesso articolo 3, che implica il concetto di tortura, per il quale il nostro Paese è stato recentemente condannato per i fatti della Diaz del luglio 2001. Contrada era anziano e malato e aveva diritto a farsi la detenzione domiciliare. Invece fu costretto a subire prima due anni abbondanti di carcere preventivo e poi altri cinque in espiazione a Santa Maria Capua Vetere, un obsoleto carcere militare riaperto solo per lui.

La condanna definitiva di Contrada è di per sé uno scandalo al sole che grida vendetta davanti a Dio e agli uomini, figlia di una delle tante stagioni dell’emergenzialismo e dell’idolatria dei pm antimafia. L’ex investigatore antimafia, che ha subìto, in peggio, lo stesso destino che si è tentato di fare subire ad altri eroi (come il generale Mario Mori o il colonnello Sergio Di Caprio, leggendario capitano Ultimo che arrestò materialmente Totò Riina), non si è mai rassegnato a passare da colluso con la vecchia mafia palermitana rivale dei corleonesi.

E il prossimo 18 giugno il suo avvocato, Giuseppe Lipera, è pronto a discutere la nuova istanza di revisione processuale del giudicato. Sperando che un clima meno forcaiolo, magari indotto dalle ripetute condanne europee che fanno del nostro Paese la vergogna del Vecchio Continente, convinca nuovi e più coraggiosi giudici a Caltanissetta a rivedere le carte di un’accusa che non è mai stata in piedi a dispetto della condanna diventata definitiva il 10 maggio 2007, dopo la solita lunga altalena all’italiana fatta di assoluzioni e di condanne senza mai giungere ad alcuna certezza processuale.

@buffadimitri

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:36