
Di quel luglio 2001, il famoso “G8 di Genova”, restano solo amari ricordi. Scene di guerriglia urbana, l’incessante rumore delle pale degli elicotteri che sovrastavano la città sotto assedio. Trecentomila i manifestanti contro il vertice, due giorni di scontri, oltre 200 arresti, quasi 1.000 i feriti. Poi lo sparo, la morte del giovane Carlo Giuliani per mano di un carabiniere alle prime armi.
Ma l’orrore di Genova non era ancora finito. Il 21 luglio, a manifestazioni concluse, la polizia ha individuato nella scuola Diaz, sede del Genoa Social Forum - coordinamento delle circa 1.000 associazioni del contro vertice - il covo dei “black bloc”, la frangia più estremista e distruttiva, ritenuti responsabili dei saccheggi dei giorni precedenti. L’attacco della polizia alla Diaz è rimasta una delle pagine più nere della storia recente del nostro Paese. In quella lunga notte del 21 luglio 2001 la polizia irruppe nella scuola, pestando selvaggiamente tutti coloro che erano al suo interno. Tutti disarmati, alcuni di loro dormivano.
Nel 2012 il regista italiano Daniele Vicari ha riportato crudamente gli orrori di quella notte e quelli del carcere di Bolzaneto nel film documentario “Diaz. Don’t clean up this blood”. Ma nonostante la grande mobilitazione non era accaduto nulla agli autori di quel massacro. Tutti ne erano usciti “puliti”. A distanza di quindici anni, la Corte Suprema dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo ha (finalmente) condannato l’Italia per reato di tortura in relazione agli accadimenti di Genova. E quella che viene inflitta alla nostra penisola è una condanna doppia: per la tortura ai manifestanti e per non avere una adeguata legge per punire questo grave reato. La sentenza della Corte è stato il risultato del ricorso di Armando Cestaro, il più anziano dei circa 90 manifestanti no global che quella notte si trovava alla Diaz e che subì gravi lesioni in quel massacro.
La sentenza non risarcisce certo l’orrore vissuto, ma costituisce una decisione importante e un precedente determinante nella vicenda. All’esame della Corte restano infatti gli accadimenti del carcere di Bolzaneto. Quel che è successo quella notte è stato qualcosa di indegno per un sistema democratico. Qualcosa di riprovevole per una democrazia occidentale. Qualcosa che ha calpestato qualsiasi diritto. Cestaro ha sostenuto che i criminali siano rimasti impuniti perché in Italia non esiste una legge per reato di tortura. E i giudici della Corte sembrano avergli dato ragione.
Quella notte nessun diritto è stato rispettato, in particolar modo quelli sanciti dalla Convenzione dell’Unione Europea sui Diritti dell’Uomo, in cui all’articolo 3 si legge: “Nessuno può essere sottoposto a tortura né a pene o trattamenti inumani o degradanti”. In Italia il riconoscimento e quindi l’introduzione del reato di tortura si trascina avanti da oltre due anni. Il Senato ha già espresso il proprio favore, a giorni è previsto il passaggio alla Camera. Riesce difficile non esser d’accordo con quanto twittato da Vicari, una volta reso noto il parere della Corte: “Che tristezza, deve essere una “entità esterna” come la Corte di Strasburgo a spiegarci che a #Diaz e #Bolzaneto ci fu tortura”.
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:26