Le inutili polemiche giustizialiste su Milano

La giornata di giovedì a Milano è stata convulsa, difficile ed a tratti drammatica. Di fronte a certe tragedie sarebbe opportuno che la politica e la magistratura, unitamente a tutti coloro che in Italia hanno voce in capitolo, misurassero le parole usando un minimo di discrezione. E invece, come nelle migliori tradizioni, ciò non accade assolutamente, a riprova di quanto l’Italia sia una società malata di “dichiarite” con punte di “vacua e faziosa polemite”.

Qualcuno ha giustamente sottolineato che le dichiarazioni di Salvini sul dramma meneghino (“Governo di incapaci”) sia un modo come un altro per speculare elettoralmente sulla tragedia, proprio nel mentre era in corso nel capoluogo lombardo il Comitato nazionale per l'ordine e la sicurezza pubblica. Concordiamo con questa tesi anche se, il fatto che Alfano sia riuscito a twittare delle stupidaggini in diretta anche nelle fasi più convulse della cattura di Giardiello, non ha scoraggiato certo l’ilarità oltre a dirla lunga su quanto il concetto di sicurezza stia assumendo un contorno più mediatico che reale, come del resto in molti tratti della vita politica di questo Paese. Ma, se il solito pollaio politico era ampiamente prevedibile, per giunta molto simile a quello che si creò contro Berlusconi quando a L’Aquila cadevano i balconi nei moduli abitativi di fortuna, non ci saremmo certo aspettati che dalla bocca del Capo dello Stato e di un ex Magistrato come Gherardo Colombo venissero fuori frasi a tratti banali ed a tratti tendenziose.

“Va respinta con chiarezza ogni forma di discredito nei confronti dei Magistrati” – sentenzia Mattarella – cui fa eco Gerardo Colombo il quale afferma che “il sentimento che si nutre nei confronti della magistratura in questi periodi, questa sottovalutazione e svalutazione del ruolo, sia un’aria che contribuisce a rendere più facilmente possibile atteggiamenti mentali di questo tipo”. In pratica si vorrebbe far credere che, chi porta avanti una battaglia politica per una giustizia giusta, chi combatte per un equo processo, chi propugna la responsabilità civile dei Magistrati, chi chiede un sistema in cui accusa e difesa siano sullo stesso piano, chi esige che l’azione penale non sia usata a fini politici, chi in definitiva si occupa di politica giudiziaria con un approccio garantista avrebbe armato, secondo questa tesi, la mano di Giardiello avendo la responsabilità morale di favorire un clima di odio nei confronti delle toghe. No signori, questa è speculazione sulla pelle dei malcapitati perché gli instabili possono manifestarsi ovunque e, in preda alla disperazione, possono uccidere un passante piuttosto che un Magistrato o il datore di lavoro.

Il problema non è il clima d’odio instillato dai garantisti nel dibattito politico ma l’esasperazione di un imputato instabile e con tendenze criminali il quale non ha retto alla lungaggine di un processo doloroso che celebrava la fine dei suoi sogni di imprenditore . Il problema è il livello di sicurezza di un Paese nel quale si dice di voler affrontare le sfide che il terrorismo internazionale ci pone di fronte ogni giorno, mentre invece non siamo capaci neanche di tutelare un tribunale da un pazzo armato. Magari abbiamo capito male noi, magari abbiamo mal interpretato le parole di Colombo e Mattarella. Per capire che non è così, basta leggere l’editoriale di Radio Procura, al secolo Marco Travaglio, il quale afferma che i potenti, quelli con Avvocati in Parlamento, giornali, tv e soldi, sono riusciti a dirottare l’attenzione dai crimini da essi stessi commessi, verso i Magistrati che li perseguono, fomentando un clima di odio verso i Giudici.

Per costoro è bastato fare esercizio di potere e diffondere questa radice “culturale” contro le toghe per scoraggiare le indagini mentre, per imputati come il killer di Milano i quali non hanno a disposizione tali strumenti potenti e sofisticati, l’unica alternativa è quella di far fuoco. Secondo Travaglio, per loro (leggi per Berlusconi) è bastato sguinzagliare 150 Parlamentari per cingere d’assedio il Palazzo di Giustizia di Milano e minacciare i giudici in occasione del Processo Ruby dando così la stura a comportamenti criminali come l’assassinio di Giovedì scorso a Milano. Insomma, anche l’omicidio di Milano è colpa di Berlusconi, a dimostrazione del fatto che in questo povero Paese ci si serve di qualsiasi cosa pur di fare della bassa macelleria politica o, nella migliore delle ipotesi, pur di interpretare il ruolo di attore politico come polemista o declamatore di frasi fatte.

Ma Travaglio è così, lo conosciamo bene, pur di difendere le proprie tesi ed infangare quelli che ha battezzato come nemici, non guarda in faccia a nessuno. Non ci aspettavamo invece la sua caduta di stile (certamente voluta) allorquando, nell’elencare le vittime su cui si è abbattuto “il piombo della vendetta” di Claudio Giardiello, cita il giudice (deceduto), cita il coimputato-testimone (deceduto), cita il pm (grazie a Dio scampato all’agguato) ma omette il povero Avvocato Lorenzo Alberto Claris Appiani. Come se, nella puerile logica travagliesca, un Avvocato, cioè colui che difende i delinquenti, non avesse lo stesso diritto alla memoria di un Magistrato. A proposito appunto del clima di odio su cui proprio Travaglio si mette a pontificare.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:31