
Abbiamo letto sul “Corriere della Sera” l’elogio sperticato a “1992”, la serie tv di Sky su Tangentopoli, da parte di Beppe Severgnini; una sviolinata di apprezzamenti, secondo noi, a dir poco parziale e azzardata. Nulla di personale contro il bravo intellettuale, con il quale da perfetti sconosciuti abbiamo sempre condiviso poco o niente, ma quando si parla di “mani pulite” e di quegli anni bisogna andarci piano e bene, se proprio ci si vuole andare. Si tratta, infatti, di un periodo talmente drammatico e devastante, non solo per l’Italia di allora ma anche per quella che poi ne è venuta fuori, da meritare o una narrazione piuttosto precisa delle cose e degli antefatti o una critica generica su una sorta di fumettone che, come in altri casi, la tv ci costruisce per fare audience.
Noi non abbiamo visionato “ex ante” tutti gli episodi né seguito le programmazioni, abbiamo letto, come fanno in molti, recensioni, anticipazioni, sintesi promozionali e ascoltato diversi giudizi. Bene, la palma d’oro che Severgnini assegna, bontà sua, stupisce per un verso e conferma, per l’altro, l’andazzo italiano di una certa cultura, per così dire, radical chic. In quegli anni, fine ’91 inizio ’92, accaddero talmente tante cose stravolgenti da rappresentare ancora oggi una parte fondamentale non svelata della storia d’Italia e delle sue opacità inquietanti. A partire dalla drammatica fine di due meravigliosi esempi di magistratura libera, onesta ed eroica, Falcone e Borsellino, a molti altri che non hanno smesso di inquietare cuore e mente di tanta gente. Se si volesse essere esaustivi e in qualche modo utili, anche all’interno di una rappresentazione più o meno filmografica offrendo così un quadro del contesto storico italiano, bisognerebbe parlare o accennare di quella strana gita in barca lungo le nostre coste durante la quale molti signori del potere di allora, ma anche di ora, sembra che parlarono e decisero parecchio del futuro della cosa pubblica. O ancora, citare, seppure in sintesi, della devastante svalutazione della lira sul marco che in poche ore arricchì a dismisura, probabilmente, alcuni impoverendo immensamente le riserve pubbliche, cioè quelle di tutti. Un fatto tale da obbligare chiunque a chiedersi il perché.
Volendo insistere, sarebbe utile dedicare qualche giro di manovella a quei fatti che, seppure accertati come privi di rilevanza penale, un po’ di pensiero lo incutono. Ci riferiamo alla storia della Mercedes o del denaro restituito nella scatola di scarpe, insomma, ad alcuni episodi della vita di allora di Antonio Di Pietro che, ripetiamo, seppur scagionato interamente da ogni illecito in modo definitivo restano quantomeno singolari nell’immaginario collettivo. Come pure il precipitato di quegli anni di una magistratura che politicizzata non era ma che, guarda caso, in larga parte finì in politica e in parlamento dall’una e dall’altra posizione. Insomma, parliamo di circostanze strane, di filoni d’indagine misteriosamente sospesi nei confronti di un pezzo della politica di sinistra e al contrario, pervicacemente approfonditi per quella opposta ( persecuzione giudiziaria di Silvio Berlusconi).
Parliamo di personaggi importanti ma opachi che giravano nelle stanze dei bottoni allora, e forse ancora lo fanno, di tradimenti e confessioni strappate e poi ritenute fasulle, di galera a gogo per ogni battito di ciglia, di suicidi drammatici e di persone distrutte immotivatamente e nei fatti mai riabilitate, parliamo di un tunnel della repubblica alla fine del quale la luce non è mai stata e non è ancora chiara e cristallina. Del resto se oggi stiamo più o meno come prima, secondo noi più, qualche grosso errore di opportunità o di svista, di parzialità o di conseguenza, sarà pure occorso nel tentativo di salvare l’Italia dalla catastrofe e dal malaffare della politica. Insomma, andiamoci piano nell’esaltare e nel giudicare, gli “osanna” ed i “crucifige” sono un armamentario da maneggiare con molta cura, soprattutto se li si vuole usare per suggestionare, acculturare ed indirizzare il favore popolare. Detto ciò, tutto quel che può servire a migliorare sia benvenuto, troppo spesso ci dimentichiamo, anzi si dimenticano, che l’Italia è di tutti e non di qualcuno.
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:37