Latitanza “sospetta” e futuro dei moderati

C’è della strategia nella latitanza del Cavaliere? Che Berlusconi voglia far morire Sansone-Forza Italia con tutti i venerandi ed ingombranti filistei? Chissà. Certo è che l’intervista all’ex ministro Matteoli fa molto pensare. Se anche lui, plenipotenziario azzurro per le Regionali, è costretto o, per meglio dire, ritiene necessaria l’uscita pubblica per manifestare tutte le preoccupazioni di un partito dilaniato dai personalismi e asfissiato dalle correnti e per “implorare” un’attenzione attiva dell’ex Premier, qualcosa che non quadra sembra proprio esserci.

Del resto appare anche surreale che in pieno marasma interno e con una campagna elettorale assai delicata alle porte, il Cavaliere abbia deciso di “staccare la spina”, recarsi nuovamente a Cesano Boscone e rinviare l’incontro programmato con i coordinatori. In politica la capacità di individuare la mossa giusta al momento opportuno è essenziale ed anche le assenze-operose fanno parte del gioco. Anzi, spesso sono strategiche. Ma la prolungata latitanza di Berlusconi non solo dal palcoscenico politico-mediatico ma soprattutto da una guida autorevole del suo partito non può che creare sospetti. E gli ingredienti della volontà di abbandonare la nave alla deriva con il suo carico di “illustri profughi” sembrano esserci tutti: un Governo che - seppur imbolsito - non ha, realisticamente, al momento alternative credibili; una ripresa alle porte facilmente cavalcabile da un abile “surfista” come il Premier; una dirigenza di FI alquanto sfiorita e, soprattutto, un’assordante assenza di proposta politica. Ingredienti indigeribili per un elettorato, come quello moderato, assai esigente, pragmatico e poco incline a convenevoli.

Berlusconi nel 1994 incarnò la speranza di cambiamento, l’orgoglio di un’Italia umiliata ma pronta al riscatto. Oggi - Pd o non Pd - questo vessillo è Renzi. Berlusconi ne è talmente consapevole da essere stato (e da essere) lui stesso il primo fan dell’ex boyscout. Ecco perché si è sentito tradito - e per alcuni aspetti, a ragione - sulla partita del Colle. Renzi non è D’Alema. E il Cavaliere 2.0 non è il rampante condottiero del 1997. Il ponte tra la Seconda e la Terza Repubblica costituito dal Patto del Nazareno è stato abbattuto da uno sgarbo inutile. Un azzardo figlio dell’inesperienza ma anche della paura. Un’imprudenza che rischia di diventare un boomerang.

Con la programmata “eutanasia” di Forza Italia (che un risultato negativo alle prossime elezioni regionali potrebbe fortemente accelerare), Berlusconi avrà due prospettive di fronte a sé: agevolare attivamente un nuovo scenario politico (con l’ipotesi del cosiddetto “Partito della Nazione” a guida renziana), riprendere la via di un “Nazareno-bis” (prima tappa) quale viatico per l’entrata al Governo (seconda tappa) e sancire il definitivo superamento del bipolarismo. O far saltare il banco, puntare a nuove elezioni con la discesa in campo di Marina come leader dell'intero centrodestra. Vecchio e nuovo, controluce di una latitanza “sospetta”.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:30