Conviene partire dalla “notizia”: il cosiddetto processo “Calciopoli” è di fatto finito in fumo, com’era facile prevedere. Poco o nulla è resta delle contestazioni di frode sportiva, se non qualche aspetto risarcitorio per le parti civili. Scagionati gli ex arbitri Paolo Bertini e Antonio Dattilo; dieci mesi per l’ex arbitro Massimo De Santis, che avrebbe potuto beneficiare della prescrizione, a cui però ha rinunciato. Prescritta l’associazione per delinquere per Luciano Moggi e per Antonio Giraudo, il primo ex direttore generale, l’altro amministratore delegato della Juventus.
Ora su questa vicenda, su quello che è diventato il mondo del calcio, sull’enorme giro di interessi che vi ruota attorno, ognuno abbia le opinioni che crede, sono tutte rispettabili; non è questo l’aspetto che si vuole mettere in evidenza. Il fatto è che la terza sezione penale della Corte di Cassazione da una parte accoglie le richieste del procuratore generale: in sostanza conferma l’esistenza di un’associazione a delinquere finalizzata a condizionare i risultati delle partite, le designazioni arbitrali, le carriere dei direttori di gara, e l’elezione dei vertici della Lega calcio; in concreto, però tutto finisce in gloria, i reati sono prescritti.
Lo ammette il procuratore generale, lo certifica la corte. Difficile dare torto a Moggi quando dice: “Abbiamo scherzato per nove anni, il processo si è risolto nel nulla, solo tante spese”. Solo che un processo lungo nove anni, le spese che comporta, non solo per gli imputati ma per l’intera collettività, visto che hanno visto impegnati una quantità di magistrati e investigatori, tutto ciò non è per nulla uno scherzo. Non è questione se Moggi e gli altri imputati siano innocenti o colpevoli, se le accuse nei loro confronti sono fondate o no; è questione che non è giustizia una giustizia che impiega nove anni per concludersi.
Giorni fa l’Ansa ha diffuso un focus passato inosservato, che ci viene segnalato da Massimiliano Iervolino che da sempre segue il filone diciamo così ambientale, rifiuti, il loro smaltimento illegale. Vicende a cui ha dedicato più di un libro. È un focus molto interessante: dall’Ilva all’inquinamento del fiume Lambro è ricca la mappa dei processi incentrati sull’ambiente che rischiano la prescrizione. Che si tratti di “disastro” o smaltimento illegale, sulla mappa degli uffici giudiziari che si occupano di ecologia sembra incombere il pericolo dello “stop”, del nulla di fatto. Segue un’analisi dettagliata che mette in fila i principali “eco-processi” italiani finiti prescritti o a rischio prescrizione. Quelli prescritti: discarica Pitelli di La Spezia: prescritti i reati ambientali, e nel 2011 sentenza di assoluzione per tutti gli imputati accusati di disastro ambientale; il petrolchimico di Porto Marghera; il processo Cassiopea, sui rifiuti tossici); quello sulla discarica del Vallone, a Campo dell’Elba; il processo Artemide relativo al traffico illegale di sostanze tossiche provenienti dallo stabilimento Pertulosa di Crotone; i mercanti dei rifiuti; operazione agricoltura biologica. I processi a rischio prescrizione sono: impianto di Colleferro; discarica Valle del Sacco; disastro Fiume Lambro; parte del processo per la raffineria Tamoil a Cremona; la bonifica di Santa Giulia; processo Poseidon; processo relativo all’inchiesta sulla presunta gestione illegale dell’impianto a biomassa gestito dalla Riso Scotti Energia. I processi archiviati: petrolchimico Brindisi; operazione Mar Rosso. Di disastro ambientale si parla per Vado Ligure; di inquinamento ambientale per la discarica di Bussi. I numeri dicono più di qualsiasi discorso: ogni anno in Italia vengono accertati oltre 30mila reati contro l’ambiente, quasi 4 all’ora; discariche abusive, inquinamento e quant’altro legato a questi traffici illegali, si è calcolato fruttino alle organizzazioni criminali qualcosa come 17 miliardi di euro l’anno.
In parallelo, continua ad aumentare il numero di sentenze della Corte di Strasburgo che l’Italia non esegue, e resta alto il numero di quelle per cui non paga gli indennizzi previsti. Lo certifica il rapporto pubblicato dal Consiglio d’Europa. Trarre il succo da questi fatti è cosa che si può facilmente fare; sempre che questi fatti siano portati a conoscenza.
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:25