Raffaele Cantone   all’attacco del diritto

“C’è spazio per fare un tagliando alla Severino e per una valutazione su alcuni reati. Forse dopo la sentenza di primo grado non è opportuno intervenire con la sospensione” Ed ecco che Raffaele Cantone, magistrato, attuale presidente dell’Autorità anticorruzione comincia a preparare il terreno per fare sì che De Luca non decada, eventualmente eletto, da governatore ma possa farlo per diciotto mesi.

Due pesi, due misure. La politica di destra di Berlusconi è condannata, messa ai servizi sociali e fuori dalla politica, mentre la politica di sinistra di De Luca viene avvantaggiata di un trattamento favorevole e privilegiato ad hoc. In altre parole, la condanna c’è e la legge che penalizza vale, se si è di destra, se si appartiene alla politica di destra, mentre non esiste, o meglio, si fa esistere la leggina inventata appositamente a fare esistere, per ciò che serve, se si è politicamente di sinistra.

Quale sarà mai la certezza del diritto se si agisce così? Qual è la certezza della norma oggi se addirittura l’incaricato numero uno della giustizia, cioè Cantone contro la corruzione, si dà indegnamente da fare per sopprimerla? “Sull’abuso d’ufficio si può fare una riflessione con una sentenza di condanna di primo grado”, insiste Cantone. La cantonata di Cantone, si potrebbe dire, se non fosse che con ciò si determina, o meglio si continua a determinare, il prevalere e l’“interferenza” illecita della non-giustizia sulla politica.

Cos’altro è infatti l’aver escluso con mezzi giudiziari Berlusconi, e volere ammettere adesso un politico di sinistra quale è De Luca, eventualmente eletto? E il Parlamento, esegue e basta? E’ lì per “bellezza”? Non conta niente. Renzi protegge sé e famiglia dalle inchieste giudiziarie, e si sa quanto il padre necessiti di “protezione”. Dunque nomina Cantone all’ennesima nuova Autorità a spese nostre, e lui, mollata senza indugio alcuno la poltroncina giudiziaria campana, si fionda a presiedere la sede lussuosa e dispendiosa, proprio nel centro di Roma, (che paghiamo noi, così come lo stipendio da giudice che lo aspetta al rientro), per “giocare” alla “moralità” pubblica, contro la corruzione.

E cosa fa l’Imam campano nostrano? Si pronuncia a favore della creazione ex novo della regoletta che, avvantaggiando il politico di sinistra, manda al macero l’intero nostro ordinamento giuridico e, anche quello politico-istituzionale, minandolo alla base, ovvero nella sua certezza. Tutto questo è vergognoso. Ma i giudici in politica e nelle istituzioni lo sono. Si guardi a De Magistris che, pur condannato, non ci vuole stare (mentre tutti i napoletani ci stanno e ci starebbero, volendolo fuori dalla loro Napoli), e ricorre addirittura fino alla Corte Costituzionale per chiedere l’illegittimità di quanto gli spetta.

E Cantone, invece della “moralità”, rimesta tra Camera e Senato per far sì che il condannato De Luca, di sinistra, non abbia il trattamento o faccia la fine squisitamente riservata a Berlusconi. Nel mentre, la certezza della legge è abbattuta, distrutta. Vergognosamente.

E a proposito di “vergognosamente”, è un avverbio che si addice bene anche in zona milanese dove Bruti Liberati ha da ultimo penosamente quanto pubblicamente, da Maria Latella, parimenti a una starlette qualsiasi, difeso la collega Boccassini per la batosta presa nel processo Ruby, a nostre spese. E’ davvero vergognoso vedere il procuratore capo di Milano, in lite plateale solo poco tempo fa con il suo collega Robledo, sbattere la sua non-giustizia in faccia agli italiani.

Un comportamento siffatto vale da firma vergognosa di quanto deve essere oggetto di totale riforma, a cominciare dagli atti in cerca di notorietà e contro giustizia. Quella di tutti, non quella vergognosamente amministrata, orientata e arbitrariamente dispensata da omuncoli e donnicciole. Se non si riforma la giustizia, gli italiani dovranno fare causa, con class action, a siffatto corpo giudicante per danno collettivo.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:37