Promesse e soltanto  promesse…

L’obbedienza all’ordine di Matteo Renzi di suonare la grancassa dell’illusione e della suggestione è confermata da quello che si vede e che si legge sui giornali e sulle tv in questi giorni a proposito del Quantitative easing della Banca centrale europea. È noto a tutti, infatti, che la propensione al consumo sia legata alla testa prima ancora che al portafoglio, la voglia di spendere segue da sempre l’emozione e la suggestione e dunque creare ad hoc un’atmosfera di successi e di benessere spinge la gente ad allargare la corda della borsa. Resti chiaro da subito che l’ottimismo in dose giusta sia da preferire al pessimismo comunque e dovunque, non c’è dubbio, ma utilizzarlo in quantità industriale per generare aspettative prive di sostegno e di presupposti forti ed evidenti rappresenta un gioco politico opaco e pericoloso.

La tecnica di Renzi è proprio questa, da quando si è insediato a palazzo Chigi ha iniziato a sproloquiare con promesse ed illusioni che a metterle in fila si arriva sulla luna e, come se non bastasse, tutta l’informazione amica e strumentale gli è andata dietro per reggergli bordone. Dopo un anno e più di mosse eccezionali, di provvedimenti unici al mondo e di genialità straordinarie i risultati di questa operazione, gestita di proposito e con metodo scientifico, sul piano dei numeri sono chiari a tutti (il prodotto interno lordo si è mosso dello zero virgola qualcosa, roba da ridere).

Non ci piace l’ottimismo fasullo. Continuare, infatti, a paragonare il Qe di Mario Draghi a quello della Fed è disinformazione, così come caricarlo di aspettative e risultati. La manovra della Bce è altra cosa rispetto a quella americana; si tratta di due mondi diversi, tant’è vero che lo stesso Draghi la definisce per distinguerla “anticonvenzionale”. La Fed, è banca di ultima istanza e quando serve, nei momenti di crisi, può finanziare direttamente le casse americane, per dirla facile ed in modo grossolano, è come se lo Stato volendo soldi da iniettare sul mercato firmasse un cambialone da scontare in banca, con una mano firma il pagherò e con l’altra prende i soldi necessari.

Un’operazione semplice e diretta che, oltretutto, in un sistema come quello americano che finanzia l’economia reale come pochi al mondo, inietta liquidità dove e come serve, tant’è vero che i risultati si vedono e si sentono, gli Usa crescono e ripartono. Quella della Bce è tutt’altra cosa, un’alchimia inventata da Draghi che con intelligenza e disperazione le sta provando tutte pur di riuscire a salvare il salvabile. La Banca centrale europea, infatti, opera indirettamente, copre solo parzialmente i rischi e distribuisce in quote il denaro fresco, come se non bastasse, per statuto è costretta a passare per le banche che dovranno decidere come e a chi offrire liquidità aggiuntiva. Insomma, un sistema complesso e articolato diverso anni luce da quello americano e che solo a certe condizioni potrà dare i risultati attesi. Primo tra tutti alle banche, visto che saranno loro a disporre dei miliardi e considerando l’esperienza italiana e le difficoltà degli istituti di credito, il dubbio che pensino a loro prima che alla gente viene spontaneo. Non solo, ma l’acquisto massiccio sul mercato secondario di titoli, che a breve non sono e che prima o poi incroceranno con l’aumento del costo del denaro, espone a rischi di vendite imponenti e generalizzate con il risultato che lo spread tornerebbe a salire velocemente e di molto.

Certamente, caricare la manovra Draghi di certezze salvifiche e magiche è nei fatti fuorviante e rischioso, sarebbe stato giusto annunciarla come opzione utile ma che da sola non produce effetti miracolosi, anzi. Ad essere sinceri, soltanto il presidente della Bce lo ha specificato ma lo spazio offerto a queste sue dichiarazioni ovviamente è stato minimo. Da noi si è preferito suonare la grancassa dei miliardi pronti e disponibili che a breve arriveranno nelle tasche di tutti per sanare sospesi e sacrifici e renderci ricchi e liberi dai rischi. Non è così, non ci illudiamo, l’Italia resta appesa al filo della sorte che, per essere cambiata, ha bisogno d’altro che la cura Renzi.

Dire di nuovo quel che servirebbe è inutile, in tanti l’hanno detto e scritto, dunque non resta che sperare che la provvidenza illumini Governo e governanti su quel che c’è da fare, per parte nostra continueremo ad essere sinceri, come direbbe Renzi “a fare i gufi”. Se fosse vivo Andreotti avrebbe aggiunto: “pensare male è peccato, ma ci si azzecca spesso”.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:19