Nel diritto non esistono privilegi a favore o contro la magistratura, ma solo norme deputate solo a rendere e non a negare la giustizia ai cittadini. Il voto del Parlamento sulla responsabilità civile dei magistrati non è un pessimo segnale, come dicono le toghe, e neppure una legge contro. Tante cose sono cambiate dal 1987, data del referendum che vide vincere i favorevoli alla responsabilità civile dei giudici, mantenendo però l’impostazione di responsabilità indiretta.
Ora cosa vogliono i magistrati? O meglio cosa non vogliono? Se certa magistratura si oppone anche a questa riforma minimale, siamo di fronte a un fatto grave, che evidenzia una visione sempre più di casta del proprio ruolo che è anche una visione corporativa fuori dal tempo. Ovviamente i magistrati dovrebbero sapere che quello giudiziario non è un "potere" ma un "ordine" dello Stato e quanto approvato dalla Camera dei deputati è un atto di giustizia e libertà voluto in nome del popolo sovrano che dovrebbe dare ancora più respiro ad una sempre più urgente riforma liberale della giustizia. Tanta acqua è passata sotto i ponti da Tangentopoli, dal decreto Biondi e non va dimenticato che sono esistiti alcuni magistrati, non nego di dire politicizzati, che hanno inteso il loro ruolo in maniera anomala, unilaterale e assolutistica.
Questi atteggiamenti sono riusciti sempre più spesso a condizionare fortemente la politica, naturalmente a tutto vantaggio di una parte politica che non ha avuto esitazioni nell'utilizzo della giustizia per fini politici. Abbiamo assistito a un meccanismo implacabile e distruttivo non solo nei confronti di chi ne è stato vittima, ma soprattutto di chi in ragione del proprio ruolo politico o professionale ne è stato in un modo coinvolto o anche solo sfiorato. Essere soggetti solo alla legge richiederebbe il relativo senso della misura e qualche esercizio di riservatezza. Il protagonismo, che spesso è solo un ingenuo atto di vanità, concorre a mettere in discussione l’affidabilità del sistema, oltre all’arbitrario coinvolgimento del popolo in talune iniziative o decisioni giudiziarie. Quando un magistrato lega il proprio nome a un’inchiesta mette in gioco la propria credibilità e la propria immagine. Da qui la tentazione di affermare il proprio teorema e non paga se sbaglia.
L'approvazione delle legge che regola la responsabilità dei magistrati è un atto di progresso e una vittoria di diritto di chi ha cuore l'efficienza della giustizia e non il caos. Non riesco a capire le contrapposizioni ed i perché nella sfera della giustizia dovrebbe resistere il Moloch di un sapere indistinto e di una presunzione di priorità. Restino tranquilli certi magistrati che non verrà messa in discussione la loro onorabilità se rimarranno soggetti solo alla legge, anzi sarebbe meglio al posto di protestare che aumentassero la loro preparazione attitudinale e la dignità delle loro funzioni. Il resto è silenzio, se non clamore.
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:25