
Come si sa, il non esistere non ha nulla di personale. A cinquant’anni, stanco del disprezzo per il mondo, ha atteso che le guardie si allontanassero dalla sua cella, dove era recluso da solo. Si è sfilato la maglietta, l’ha strappata per riuscire a creare una sorta di cappio, si è appeso alle sbarre. Il fatto è accaduto di recente nell’Opg di Reggio Emilia. Potrebbe sembrare, a prima superficiale vista, una delle tante morti in carcere, con la differenza sostanziale che il fatto è avvenuto all’interno di un luogo dove si dovrebbe essere curati. Una differenza non percepita dall’opinione pubblica.
Sono un migliaio gli internati in sei ospedali psichiatrici giudiziari, più noti come Opg (Barcellona Pozzo di Gotto, Aversa, Napoli, Montelupo Fiorentino, Castiglione delle Stiviere e Reggio Emilia). L’evoluzione della legislazione ha definito il loro superamento, previsto per il 31 marzo, dopo anni di proroghe e rinvii. Tuttavia la loro chiusura è ancora molto lontana. La stessa articolazione del nostro codice penale lega la chiusura delle strutture di contenimento per i ‘matti cattivi’ al superamento di concetti di psichiatria forense che risalgono ai codici del 1930. La posizione del malato di mente autore di reato considerato incapace di intendere e volere continua a essere sottoposta al giudizio di pericolosità sociale psichiatrica con le conseguenti misure di sicurezza, su cui si regge l’esistenza dell’Ospedale Psichiatrico Giudiziario. L’art. 203 c.p. stabilisce, infatti, che agli effetti della legge penale è socialmente pericolosa la persona, anche non imputabile o non punibile, la quale ha commesso un fatto previsto dalla legge come reato, quando è probabile che lo commetta di nuovo. Perfino la innovativa legge 9 del 2012 (la cosiddetta ‘legge Marino’) non ha osato mettere mano al nodo concettuale della pericolosità del malato di mente, retaggio, non va dimenticato, della scuola positiva del diritto penale.
Il punto centrale è proprio questo. La nostra legislazione si è sempre concentrata sui luoghi anziché sui problemi, come quello della relazione tra pericolosità sociale e crimine, tra prevenzione e cura. Si preferisce, quindi, ipotizzare il superamento degli Opg attraverso la creazione di nuove strutture definite, non a caso: Residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza (Rems). Proprio sulla base di queste considerazioni, il nostro codice penale ha accolto il cosiddetto sistema del doppio binario in base al quale la colpevolezza è il presupposto dell’applicazione della pena, mentre la pericolosità sociale è il presupposto per l’operatività della misura di sicurezza. Finché sarà mantenuto il doppio binario non potremo mai dire di aver intrapreso il percorso corretto per la chiusura definitiva di questo ignobile capitolo di giustizia medievale.
Il 31 marzo è molto vicino e il rischio che, dopo tanti anni di attesa, la riforma degli Opg si trasformi in un nulla di fatto è molto alto. Le strutture non sono pronte al passaggio di consegne: è in corso, infatti, una sorta di palleggio istituzionale tra le Regioni, competenti per la parte sanitaria, e il Governo al fine solo di capire come ottimizzare i fondi a disposizione senza che nessuno degli Enti coinvolti sia costretto a rimetterci. Ma ciò che principalmente preoccupa è la completa assenza di un dibattito politico su un tema come quello della pericolosità (e delle cure) del malato di mente autore di reato. Ai tempi della legge 180 il dibattito ci fu e bene o male la società di allora seppe rispondere. Oggi all’opposto ci si allena, come schegge proiettate dall’esplosione di un secolo, a far fronte alle emergenze, che, come si sa, producono solo cattiva politica.
(*) Comitato Nazionale Radicali Italiani
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:28