Primarie da Procura

A chi scrive il concetto che è alla base delle primarie piace molto. Infatti non c'è nulla di meglio che iscritti ed elettori di un determinato partito o di uno schieramento abbiano la possibilità di scegliere direttamente chi li dovrà rappresentare in una consultazione elettorale. E d'altronde, che c'è di più democratico della cosiddetta democrazia dal basso?

Il problema è che poi, per un eccesso di democrazia che deborda in una sorta di "avanti tutti", certe primarie si trasformano in truffa perché basta pagare qualche euro ed ai seggi si presenta anche chi neppure sa quello che fa: segue solo (dietro ricompensa) le indicazioni date. Ed il risultato è costituito da dichiarazioni come quella di Sergio Cofferati ("In un partito che non dice nulla di fronte a fatti di questo genere, io non posso più restare"), che dimostrano come si trasformi in una terra di nessuno quella tipologia di democrazia dal basso aperta a tutti, ma gestita soprattutto da chi ha maggiori disponibilità economiche per veicolare chicchessia in direzioni dei seggi elettorali.

Nel caso delle primarie liguri si è aggiunta anche una certa ipocrisia di fondo da parte di certa sinistra che accusa Raffaella Paita (la vincitrice della consultazione) di aver beneficiato di voti di appartenenti al centrodestra di marca Scajola, sorvolando perfidamente sulla quantità industriale di extracomunitari e rom che si sono recati a votare.

Non è la prima volta che in casa Pd le primarie si sono trasformate in un "caso da procura": quanto accadde a Napoli è stato, in questo senso, il "modello di riferimento". Intanto la vicenda-Cofferati rischia di avere conseguenze sull'elezione per il Quirinale: ancora una volta sarà così il Paese a pagare il prezzo delle diatribe interne del partito di Renzi.

Aggiornato il 06 aprile 2017 alle ore 15:07