
Ora si fa presto a dire “jesuischarlie” facendo precedere questo banale slogan da un hashtag tanto per apparire sempre “a la mode”. Anche nel contesto più macabro. E si twitta, si twitta, si twitta. Gran figata.
Ieri però, ad esempio nella notte tra il primo e il due novembre 2011, dopo che fanatici islamici avevano bruciato la redazione di “Charlie Ebdo” dove stavano tutti questi presenzialisti? Magari qualcuno dell’ordine dei giornalisti nazionale era troppo impegnato a presentare la seconda edizione della “Freedom flottilla”, una masnada di ong onusiane di sinistra e di islamisti turchi che andavano a cercare l’incidente nelle acque territoriali israeliane. Oppure qualcun altro, nella Fnsi, era impegnato a fare le pulci agli articoli, intelligenti, informati e direi sacrosanti, di Magdi Allam, per poi chiedere di processarlo disciplinarmente con la risibile accusa di islamofobia. Che tra parentesi non significa pressoché nulla esattamente come lo slogan #jesuischarlie.
Altri ancora discettavano sui giornali della sconvenienza delle vignette su Maometto ripubblicate da Gerard Charbonnier. O magari, variante iper ipocrita, etichettava come “irresponsabili” gli stessi vignettisti e lo stesso direttore (che infatti da allora aveva fatto incidere nel tamburino della testa la dizione di “direttore irresponsabile”) poi massacrati nei giorni scorsi da questi terroristi islamici fatti e cresciuti in casa. Quella francese. Al telefono a chi scrive proprio Charb nel 2011 confermava che la prima reazione del governo dell’epoca, Sarkozy, fu quella di tirare loro le orecchie perché se l’erano presa con il Profeta. Su di lui la pace e la misericordia. Abbiamo tollerato che la suscettibilità dei fanatici di questa religione giungesse a livelli fantascientifici e come tale fosse tollerata nelle proprie reazioni abnormi.
E’ come se negli anni ’70 qualcuno avesse detto a Montanelli gambizzato dalle Br che “se l’era cercata” perché i suoi articoli erano troppo anti comunisti. E d’altronde le similitudini ora per allora sono enormi: l’autonomia sta alle Br come le attuali comunità islamiche cosiddette moderate d’occidente stanno a questi jihadisti. Infatti se questi ultimi sparano o ammazzano, i primi riempiono le piazze per protestare contro presunte offese all’immagine dell’islam a ogni stormir di fronde. E quelli che all’Onu tra i paesi arabi volevano introdurre il reato di insulto alla religione come crimine contro l’umanità? Anche loro oggi sono tutti “Charlie”? Questa ipocrisia in parte buonista e in gran parte paracula è la cosa che stride di più nelle condoglianze del giorno dopo.
E i poveri editori e giornalisti di “Charlie Ebdo” che hanno vissuto una vita in due camere e cucina, senza neanche angolo cottura, hanno dovuto attendere il non richiesto sacrificio collettivo, o di massa, per vedersi finanziare con un milione di euro la permanenza in edicola. Che fino al giorno prima non interessava a nessuno. Ecco, l’Europa annega oggi in questa melassa dove all’impreparazione politica a fronteggiare la minaccia del terrorismo islamico si somma quella militare che oggi abbiamo visto tutti in diretta.
Con le teste di cuoio francesi che scivolavano e cadevano su una collinetta di prato di un metro e mezzo di dislivello alla periferia di Parigi (benignamente ed eufemisticamente descritta come “dirupo” da Monica Maggioni su Rainews24) mentre ancora si decideva se intervenire o meno. Una volta la battuta che si usava per descrivere con una frase situazioni come questa era semplice: “Potevamo vincere la guerra?”
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:35