
Un colpo da guinness dei primati, mai provato in 67 anni della Repubblica. Marino devi emettere un decreto municipale che licenzia Marino. Una eredità ed un precedente eccelso per il nuovo Sindaco, per quello che verrà dopo Marino. Così potrà dire se il Sindaco che mi ha preceduto si è licenziato ho l’esempio e il titolo per iniziare i licenziamenti dei dipendenti comunali che non servono, che non lavorano, che si assentono arbitrariamente, che scioperano con certificato medico, a cominciare dagli agenti del corpo di polizia municipale, un tempo sbrigativamente detti vigili urbani. Altro che sottorganico, come lamentano i sindacalisti dei pizzardoni romani, che sanno bene come vengono quantificati gli organici degli uffici.
Non in base alle effettive necessità delle competenze assegnate a quel servizio, ma in funzione del pletorico numero di dirigenti e funzionari che si troverebbero a dirigere un ufficio inutile con nessun sottordinato. Se il Sindaco Marino avesse la capacità di gestire un comune come quello di Roma, già dal giorno del suo insediamento avrebbe dovuto snellire l’esercito dei dipendenti a posto fisso e stipendio assicurato, più accessori di vario genere e specie. Non dovrebbe essergli ignota la situazione italiana: su 23 milioni di lavoratori la metà produce ad alta produttività, con orari di lavoro da anni “50, che paga lo stipendio all’altra metà che produce poco e male con orari di lavoro da paese opulento. “Cambierò il corpo con l’aiuto dei cittadini” ha garbatamente dichiarato il comandante Raffaele Clemente e, facendo eco al Sindaco Marino, ha confermato la rotazione degli agenti di polizia municipale sul territorio, in quanto dopo 27 anni di presenza sullo stesso territorio si creano posizioni dominanti.
Una influenza dominante sul territorio dove vivono i romani abbandonati e mortificati dai vigili, come tartassati dal comune e dalla inefficienza delle aziende municipalizzate. Una posizione dominante si può conquistare attraverso una acquisita o originaria posizione di monopolio economico oppure si può acquisire un ruolo o una posizione dall’alto di una cattedra per aver svolto con valore il proprio compito di insegnante, come alla testa di un reggimento, come quello di un bravo genitore, come quello di un intelligente imprenditore o quello del capo dei ragazzi della via Paal. La posizioni dominante di cui parla prima il Sindaco e poi il comandante dei vigili riguarda una situazione del tutto negativa, un potere potenzialmente illegittimo come a volte illecito che tutti conoscono e che tutti i romani hanno avuto modo di constatare, anche nei comportamenti scorretti ed irregolari di molti agenti del corpo, quando marcatamente ineducati, volgari, irriguardosi verso i cittadini romani. Sola a Roma accadono episodi di vile arroganza, di vere forme di maleducazione, specialmente quando l’automobilista viene sanzionato. Basterebbe un sorriso ed una sommetta per rispondere della violazione.
Non tutti ovviamente per non sentire il solito pierino di campagna. Ma questa è aria fritta, la rotazione viene disposta non perché l’agente municipale ha maturato una lodevole esperienza professionale sul territorio di competenza (e questo dovrebbe consentire una migliore qualità del servizio), ma perché il Sindaco ed il Comandante hanno contezza che l’agente potenzialmente potrebbe delinquere (e se non commette alcun reato siamo tutti contenti). Non quindi una rotazione per acquisire nuove esperienze in altri ambienti, come si sposterebbe un bravo direttore di una azienda in un altro reparto, ma per evitare che la decennale permanenza in un’area della città possa confliggere con il rispetto della correttezza amministrativa e della lealtà e probità professionale.
Marino, sappiamo che hai ereditato una situazione amministrativa drammatica dal tuo predecessore e quest’ultimo da diverse disattenzione dei precedenti per non fare nomi, ma il Sindaco di una città nel bene e nel male è il primo responsabile direttamente ed indirettamente dello sfascio dell’amministrazione. Come si dice onori ed oneri. Hai già governato per quasi due anni ed i risultati sono fallimentari. Non vieni da Marte, sapevi tutto e non hai fatto nulla. Penosamente ripetiamo il già noto. L’Italia economica precipita, quella politica è imputata di bancarotta fraudolenta, la notte della Repubblica degli anni di piombo subisce la flessione degli indici di borsa e le bolle speculative. La Pubblica Amministrazione sperpera 800 mld l’anno, con servizi inefficienti, duplicazione di compiti, adempimenti pazzeschi, con enti ed agenzie costituite per le clientele di ogni colore. Quarant’anni di bilanci in passivo, proliferazione di uffici inutili, una benefica parentopoli di fannulloni garantiti, organizzazione del lavoro inesistente, dispersione di competenze, duplicazione di compiti. Governatori e Sindaci, non sapendo fare di meglio, scendono in piazza contro le manovre del Governo.
Quando arrivano i tagli allo sperpero dei soldi dei cittadini pongono l’alibi dei servizi sociali e degli asili nido, che costituiscono un minimo nei bilanci dei Comuni. Nel privato, un amministratore che tiene i conti in rosso viene licenziato; Governatori e Sindaci vengono rieletti. Non ci sono solo 20 regioni, 107 province e 8.092 comuni, ma anche quasi 12.000 società partecipate o controllate dagli enti locali a garanzia del decentramento, della democrazia diretta, della difesa del particolarismo, senza la necessità di rendiconti ed in perenne posizione debitoria. Viene respinta anche la possibilità di ridisegnare i confini della competenza territoriale secondo comuni regole di economie di scala e di ottimizzazione dei servizi. Non si capisce o si capisce troppo bene, perché quando un imprenditore chiude la fabbrica in assenza di utili, da parte dei sindacati e delle opposizioni si grida allo scandalo, alla incapacità dell’imprenditore a rendere redditizia l’azienda, alla totale irresponsabilità a mettere a rischio posti di lavoro. Governatori di Regioni, Presidenti di Province e Sindaci di comuni, sono assolti da tali accuse.
Per non parlare di quell’altra vergogna nazionale, le c.d. authority. Ognuna è indipendente, cioè dotata di potere di vigilanza nel suo settore di competenza. A partire dagli anni '90, si è verificata una proliferazione di agenzie sulla base del principio della delega dei poteri: Commissione per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche (2009); Autorità di regolazione dei trasporti; Autorità garante per l'infanzia e l'adolescenza (2001); il Garante per la protezione dei dati personali (istituito nel 1996); l'Autorità garante della concorrenza e del mercato (1990); nel 1997 è nata invece l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom); l'Agenzia per l'Italia digitale, le Autorità garanti del contribuente per il fisco e la burocrazia, quella per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, la Commissione di garanzia dello sciopero, quella di vigilanza sui fondi pensione e l'Autorità per l'energia elettrica il gas e il sistema idrico. Per non parlare dell’Equitalia, una associazione a delinquere di stampo burocratico.
Raccontano che un tempo nella prima Repubblica c’era il Governo, con le articolazioni periferiche (provveditorato agli studi, alle opere pubbliche, prefetture ecc.) e a livello locale province e comuni. Tutto qui. E se qualcuno non svolgeva il proprio lavoro c’erano le note di demerito e nel caso di reati i Tribunali. Molti Enti pubblici vanno aboliti perché non pagano i loro debiti e sono la causa prima della crisi per le imprese ed i cittadini. Forse è esagerato, ma serve a Marino per capire che deve licenziarsi.
Aggiornato il 06 aprile 2017 alle ore 15:28