Il “colpevole” Dna

Ve le ricordate quelle immagini? Avete presente quei fotogrammi tratti dalle immagini registrate dalle varie telecamere che immortalavano il furgone bianco? "Il furgone di Bossetti vicino alla palestra", "Il furgone di Bossetti che girava nei pressi dell'abitazione di Yara", "Il furgone di Bossetti che procede lungo la strada percorsa dalla ragazzina", e così via dicendo (e scrivendo).

Poco risalto è stato invece dato al fatto che in quel furgone bianco del presunto assassino di Yara Gambirasio non è stata trovata alcuna traccia del Dna della ragazza. E allora la domanda sorge spontanea: a cosa sono servite - e soprattutto, cose avrebbero dovuto dimostrare - quelle immagini di quell'automezzo bianco? Ma sorge altresì spontaneo un altro quesito: siamo convinti che dietro alle sbarre, e da diversi mesi, ci sia il vero colpevole?

Ancora e nuovamente telecamere, quelle che hanno ripreso l'autovettura nera di una madre accusata di aver ucciso il proprio figlioletto nascondendone poi il cadavere. "La macchina all'incrocio della via di casa", "La macchina che imbocca la strada X e la strada Y", "La macchina nera che va e viene dal luogo dove è stato ritrovato il cadavere" e chi più ne ha più ne metta. Anche in questo caso, però, viene da chiedersi: ma a chi appartiene il Dna le cui tracce sono state ritrovate sotto le unghie del piccolo Loris e che non sono in alcun modo riconducibili alla mamma Veronica? E quindi, di conseguenza: quella donna che dal carcere urla la propria innocenza è davvero l'autrice del delitto?

Per quel che ci riguarda restiamo convinti che non sia un buon metodo investigativo quello di individuare un sospetto e successivamente costruire intorno a lui il "castello" di colpevolezza. Anche perché, troppo spesso, è accaduto che il "presunto colpevole" sia diventato un "assoluto innocente".

Aggiornato il 05 aprile 2017 alle ore 21:03