
L’Europa attuale necessita di una conversione nella direzione della crescita e di una revisione totale di governance. Perché questi euroburocrati si muovano, giustificando i propri lauti stipendi, e facciano qualcosa di utile per tutti, è necessario spingerli nel senso di politiche atte a favorire la crescita, l’occupazione e la concorrenza. Si tratta cioè di contrastare la deflazione in atto in Europa, correggerne il governo e porre in essere una reale strategia per la crescita comune. Sono problemi legati tra loro.
Due anni fa il Consiglio europeo ha convalidato il progetto “Verso un’autentica Unione economica monetaria” che prevede il perseguimento di politiche economiche per la competitività, la crescita e l’occupazione, politiche di bilancio integrate, un sistema finanziario integrato e l’unione bancaria, nonché la legittimazione democratica dei processi decisionali. Sinora è stato creato il fondo permanente salva Stati – European stability mechanism - e varata l’Unione bancaria, la parte restante è rimasta lettera morta, salvo il fiscal compact, illegittimo e illegittimamente auto proclamatosi trattato, oggi usato in termini profondamente sbagliati, oltre che erroneamente restrittivi e riduttivi. A tale proposito si possono leggere le parole di Weidmann “Di regola, esiste sempre una contraddizione tra flessibilità e credibilità. Se una regola viene interpretata in modo troppo flessibile, alla fine non è più vincolante.E allora la regola non offre più margini d’azione attendibili e non serve a creare fiducia.Naturalmente esiste sempre un certo margine di manovra nell’interpretazione e applicazione delle regole.
Ma abbiamo riformato le regole del Patto prima di tutto per riconquistare al più presto la fiducia nella solidità delle finanze pubbliche perduta nel corso della crisi. É dunque importante interpretare le regole in modo piuttosto restrittivo”. Vigente da gennaio 2013, il fiscal compact è stato frettolosamente avallato dall’Italia per mano di Mario Monti, primo “esperimento” fallimentare di governo non eletto voluto dal solo Napolitano (1°. Monti, 2°. Letta, 3°. Renzi) che, dati anche gli esiti, oggi sarebbe opportuno sia tenuto a risponderne politicamente ed economicamente agli italiani. Non tanto una flessibilità del fiscal compact, ma la sua totale riforma, deve essere oggi proposta e fatta valere dall’Italia (un referendum propositivo?), minacciando l’uscita del’Italia dall’Europa, non prima di avere creato la “sponda” con Paesi economicamente forti quali, ad esempio, la Cina. La Banca centrale europea ha sinora attuato due operazioni che hanno dato moltissimo denaro unicamente alle banche (più di 200 miliardi di euro a fronte di 400 miliardi disponibili) e si appresta ad acquistare, in gennaio, titoli di Stato; si tratta dell’operazione di quantitative easing recisamente osteggiata dalla Germania, e che la Banca vorrebbe comunque realizzare tramite l’istituzione di una società veicolo controllata – asset purchase facility –, che riceva prestiti dalla Bce, acquistando in tal modo i titoli.
Per fare sopravvivere l’Europa oggi, anche alla luce della nuova crisi greca, è necessario ricontrattare e riformare in toto il fiscal compact e integrare lo statuto della Bce. La strategia europea di crescita deve passare necessariamente attraverso un grande piano di investimenti infrastrutturali – di mille miliardi - finanziati dall’Europa. Alla Germania, che si è dimostrata egoista in e per l’Europa, soprattutto alla luce di quello che gli europei hanno fatto per lei con la riunificazione, le cose vanno oggi finalmente male, e si accorge di non potere tirare dritto – come avrebbe fatto e stava facendo – innalzando se stessa a discapito di tutti gli altri Paesi membri, e si accorge di avere bisogno dell’Europa, perché solo con essa diventa competitore credibile nel mondo. La storia aveva già insegnato e chiarito la posizione che assume la Germania in Europa, adesso il popolo europeo ne ha ricevuto, alla luce degli ultimi quindici anni, nuova conferma, da tenere nuovamente presente quale lezione di vita – historia magistra vitae, è l’importanza della storia per apprenderne le lezioni -. Ricontrattare l’euro, ricontrattare l’Europa con l’Italia principale attore protagonista, per circoscrivere e arginare ciò che rimane e persevera a volere essere la Germania e l’Europa tedesca della Merkel.
Con l’irreversibile slittamento della forza economica da occidente a oriente, la progressiva cessione quindi del predominio strategico del pianeta da parte dell’occidente indebolito negli scambi, l’egoismo della Germania ha di fatto fermato l’Europa, facendo di sé il Paese esportatore con un enorme surplus della bilancia dei pagamenti a svantaggio degli altri, e che frena sugli investimenti interni contribuendo alla depressione dell’ economia europea, oltre che quella propria. La Germania ha oggi, infatti, un pil allo 0,5, ed è pertanto anch’essa al limite della deflazione. Angela Merkel non ha avuto e non ha una visione europeista, è succube del proprio elettorato, non è certo Helmut Kohl, vero europeista. Oggi siamo costretti a chiederci se la Germania riuscirà a distruggere la terza volta in un secolo l’Europa. L’Italia, da parte sua, deve dare forte spazio alla ripresa, andando ad elezioni e prontamente realizzando riforme effettive. Il nostro Paese richiede la profonda riforma della pubblica amministrazione al fine di ridurre la spesa corrente, a cominciare dalle regioni, che sono il disastro della spesa pubblica.
La riduzione - o meglio, l’abbattimento - delle tasse su famiglie e imprese italiane è da farsi ex abrupto per poi essere “ripagato” dai risparmi – a quel punto, con almeno 40 miliardi di euro – realizzati dalla contrazione. A seguire è necessario porre in essere un programma di privatizzazioni al fine di diminuire il debito pubblico, elemento di consolidamento del bilancio e generalmente in grado di rendere più efficienti le aziende privatizzate. Crisi, indebitamento e disoccupazione europei confermano il declino di un modello di integrazione continentale, oggi interamente da rimodulare. Ma solo studiando e valutando attentamente il passato, l’umanità è in genere in grado di apprezzare l’importanza di assumere le proprie responsabilità di fronte al futuro comune.
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 20:03