
«Non c’è cultura. Quando arrivano lì fanno “Guarda... ‘Anvedi”. Come quelli che c’hanno una fame atavica ».
E’ ciò che dice Carminati sulla Destra Italiana, intercettato dal ROS. Partiamo da questa autentica perla di saggezza politica regalataci da un uomo che sarà pure un criminale ma che dimostra di conoscere così profondamente la Destra Italiana da riuscire a sintetizzarne l’essenza in una sola riga. La destra Italiana è sovente morfologicamente morta di fame. Una fame atavica. Il riconoscimento del cadavere è stato affidato ad Assunta Almirante, che ne ha firmato il certificato di morte ovunque l’abbiano chiamata a parlarne. Non c’è speranza per questa destra fasciolara. E allora dopo il funerale tutti al bar per il consueto rituale antisfiga del caffè, battendo magari il piede a terra, e poi ognuno per la sua strada. Rompete le righe. A patto che esse siano mai esistite. Fini si gode la famiglia (e anche qualcos’altro).
Storace ritorna a fare il giornalista, la Perina la piazzano ad ADN kronos. La Meloni, astro nascente della Destra Italiana che dal circolo Garbatella passa direttamente a fare il Ministro, ritorna a fare la capetta in un partito che ha meno iscritti del circolo di cui sopra, in compagnia di uno che si alza la mattina e ancora non ci crede di essere Ministro, un altro che a detta delle intercettazioni “è malato di sorca, si attacca pure, e che per la sorca firmerebbe qualsiasi cosa” e un altro ancora che sempre a dar credito alle intercettazioni ”non ha fatto un cazzo, ha raccolto quello che ha seminato e si è circondato di una banda di cialtroni”. Una destra che non ha avuto nemmeno l’onore di fare harakiri e che lascerà agli storici il ricordo di un partito che come Totò in “Miseria e Nobiltà” si infilava gli spaghetti nella tasca della giacca.
Una destra non più radicata sul territorio, o meglio latitante una volta preso il potere, salvo poi voler “ripartire dal territorio” una volta finita “la giostra”. Per cercare di rifilare il secondo pacco all’elettorato oramai “scafato”. Nel frattempo,ignari delle inimmaginabili future congiunzioni astrali politiche, Casapound manteneva uno stretto contatto col territorio, facendosi cassa di risonanza delle istanze dei quartieri, impartendo ripetizioni scolastiche gratuite e distribuendo sempre in maniera gratuita generi alimentari di prima necessità. Inconsapevolmente questo manipolo di ragazzi si è ritrovato in mano, dall’oggi al domani, la titolarità della staffetta della destra sociale Italiana.
Salvini ha visto nella creatura di Jannone l’unico alleato di destra politicamente affine ad allo stesso tempo radicato sul territorio, che potesse fungere da fiduciario del messaggio leghista presso una parte di Italia che con il leghismo ha sempre avuto rapporti di reciproca diffidenza. Questi cambiamenti di prospettiva, che sono di solito propedeutici ad un cambiamento della strategia di comunicazione, hanno investito Casapound pur avendo essa mantenuto lo stesso e identico atteggiamento che lo aveva sino a poco prima relegato negli scantinati della politica e che, in ossequio ad una logica di azione-reazione, lo vedeva destinato a rimanere in quegli scantinati per l’eternità. Proprio come accadeva al MSI nel periodo di Tangentopoli, i dirigenti di Casapound vengono addirittura chiamati nei talk show ad esprimere il loro pensiero.
Nessuno, nemmeno loro, avrebbero potuto mai immaginarlo. Credo che in questo momento Casapound abbia un’occasione storica e politica irripetibile per scrollarsi di dosso il marchio di “destra buzzurra”. Adesso i riflettori sono puntati su di loro, su coloro i quali fino a ieri erano rimasti muti come Vito nella indimenticabile parodia dei “Gemelli Ruggeri”. Riuscirà Casapound a ripulirsi dall’immagine buzzurra e coatta che l’ha sempre relegata a nicchia? Riuscirà ad andare in un talk show parlando dei suoi valori culturali senza evocare un “nato ai bordi di periferia dove i tram non vanno avanti più”? Riusciranno a trasmettere i valori culturali di Ezra Pound o sembreranno un manipolo di ultras arrapati di derby che dopo il daspo attendono di entrare allo stadio dalla porta principale rovinando tutto? Hanno capito che questa rappresenta per loro un’occasione unica ed irripetibile per far si che le loro teorie possano tradursi in azione politica? No, non ci riusciranno.
Non cureranno la comunicazione, dando l’impressione di non voler fare “il grande salto” e che poi in fondo “fascisti carogne tornate nelle fogne” non è poi tanto male ed è un’ottima scusa per non crescere prendendosela col sistema e con il destino cinico e baro: hic manebimus optime. E paradossalmente la Lega, che con la destra nazionale e patriottica non c’azzecca nulla, sarà l’ultimo treno per traghettare qualcosa che somiglia lontanamente ai valori della destra sociale dalle cantine alla cabina di regìa. Arriva il momento in cui devi capire se il tuo destino è attaccare volantini o sviluppare un messaggio politico su larga scala. Arriva il momento in cui devi abbandonare il folklore, devi smettere di scimmiottare modelli muscolari buzzurreggianti e tradurre in agire politico una filosofia con radici profonde. Ripulirsi non significa necessariamente snaturarsi. Il momento è ora. Se non ci riuscirete non lamentatevi: la vostra occasione l’avete avuta e vi è cascata in testa a vostra insaputa. Ma forse ha ragione Marcello Veneziani, la destra non ha la caratura culturale per governare. Rinunci per sempre.
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 20:04