“Gli europensionati”, quando il silenzio è oro

“Pagato più di 500mila sterline per non fare niente”. A “spese del contribuente”, s’intende; e soprattutto “per i prossimi tre anni”. Per la serie, la dura vita degli euroburocrati (in pensione).

Il Telegraph fa le pulci alla buonuscita di Herman Van Rompuy, ex presidente permanente del Consiglio Ue. Si potrebbe dire della proverbiale doppiezza inglese e dei suoi tabloid, che si scandalizzano per le pensioni d’oro dei mammasantissima Ue e un po’ meno per i dividendi di platino dei supermanager della City. Ma qui si tratta di soldi pubblici, e allora sotto con la clava, tanto per dare un’altra botta all’Europa matrigna. E ricordare, come ha fatto proprio il Telegraph, che quattro anni lo stesso Van Rompuy fu aspramente criticato per essersi servito di cinque limousine ufficiali per percorrere i 284 chilometri che separano Bruxelles dall’aeroporto parigino Charles de Gaulle. Destinazione: vacanza ai Caraibi. Come stupirsi, dunque, se ancora una volta, a beneficiare di questa storia è uno come Nigel Farage, che nel 2010 è stato multato di 3500 euro per aver definito Van Rompuy uno che ha “lo stesso carisma di uno straccio umido”. Il leader dell’Ukip, partito anti Ue che a Strasburgo è nel gruppo Efdd con il M5S, non si è limitato a dire che il belga ha “vinto il jackpot”, ma che l’Ue è “un racket che si prende cura di se stesso”.

Secondo il Telegraph, allora, Van Rompuy, verrà pagato circa 170mila euro all’anno, e cioè il 55% del suo stipendio base, fino al 2017. A questi si devono aggiungere 26.700 euro di una tantum e una pensione Ue di 66.100 euro all’anno. In totale, fanno 578mila sterline (circa 735mila euro), almeno fino al 2017. L’indennità triennale, secondo il Telegraph sarà tassata con un’aliquota prevista dalla Ue community tax, che è più bassa rispetto a quanto prevede il regime fiscale del suo Paese.

In tempi di crisi economica, che ha significato soprattutto austerità e dunque mano al portafogli per i soliti noti, è naturale che anche le “liquidazioni” dei politici Ue rappresentino un tema sensibile, anche in un Paese come il nostro, che ha fatto del “dagli alla casta” l’ennesimo pretesto per la disaffezione dalla politica. Le istituzioni Ue, tuttavia difendono le indennità, affermando che si tratta del giusto prezzo per pagare “la totale indipendenza” dei suoi (ex) alti funzionari. Insomma, per evitare che i depositari in quiescenza dei segreti Ue siano avvicinati e corrotti, occorre foraggiarli bene, anche dopo il brindisi di fine mandato, e assicurarsi che restino dalla parte giusta per i tre anni successivi all’addio. E 36 mesi dopo la fine dell’incarico, il funzionario Ue è evidentemente ritenuto non più in grado di nuocere alla bisogna, e quindi capace di badare a se stesso con un trattamento economico senza più indennità. Sempre la stessa storia, dunque: il silenzio va pagato, e bene. Anche perché, si fa notare, se un ex commissario europeo vorrà lavorare altrove entro i 18 mesi dalla fine del suo incarico bruxellese, dovrà comunque chiedere il permesso all’Ue.

Secondo il sito olandese Elsevier, il silenzio di Barroso prevede un’indennità per i prossimi tre anni di 611.440 euro, compresa una pensione di 128mila euro, mentre per l’ex Miss Pesc, Catherine Ashton, è pronto un assegno fino al 2017 di 534.537.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 20:19