
Ha ragione da vendere il direttore quando punta lo sguardo lungo diretto al cuore della faccenda romana, all'ammucchiata fascio-comunista con contorno di varia criminalità, che ha percorso da anni le catacombe innominabili della Città Eterna. E l'indicazione del "grande male" come causa della catastrofe politica in atto coglie nel segno nella misura con la quale viene messo sul banco degli imputati l'immane potere delle amministrazioni locali e dei loro bracci municipalizzati.
La moltiplicazione di questa metastasi - oltre ottomila in azione - non è stata casuale. Occorre precisarlo. E la Lega governante con la sua ossessione della mitica devolution, ovvero dell'autonomismo locale spinto oltre ogni limite perché surrogante l’impossibile secessione, è stata una delle protagoniste del disastro che abbiamo sotto gli occhi. Non per voluttà accusatorie, ma per ricordare al rampante e ringhiante Matteo Salvini che anche lui, soprattutto lui, con la sua compagnia cantante la verde Padania libera, avrebbe bisogno di un bagno di umile autocritica rispetto al panorama di macerie e agli squarci di malaffare scaturiti venti anni dopo l'avvento del leggendario nuovo che avanza di cui la Lega fu un nordico interprete, con tanto di corna celtiche, di riti dell'acqua del Po e di finte secessioni. E che dire dell'estrema destra che si sposò, grazie al pronubo Cavaliere, i separatisti contro "Roma ladrona, la Lega non perdona!", innalzando patiboli ad ogni angolo contro la cosiddetta partitocrazia, la sentina di ogni vizio da eliminare al più presto, con ogni mezzo, a cominciare dalle monetine lanciate dall'allora giovane virgulto Fiorito.
Anche qui, non per sete di vendetta, ma per una verifica della storia, una banalissima analisi di quanto successo nel susseguirsi di annunci e di promesse di una salvifica redenzione della politica, finalmente riscattata dalla meglio Italia. Che spettacolo, e che film, che serial, che galleria, anzi che soap opera! Un pulviscolare di poteri incontrollati e incontrollabili, una crescita spasmodica di enti e di poltrone dove, peraltro, nemmeno il politico là collocato è stato ed è l'interprete con più audience. Ma i vari "er guercio", "er nero", "er caccola", "rommel", “er cecato" in un casting strepitoso che ricorda una sorta di armata Bancaleone di serie B per di più immersa nelle tenebre di una speciale criminalità periferica eppur vivida nei suoi ritratti degni di un Belli redivivo.
Ma il quadro sarebbe incompleto e le sequenze mutilate dall'autocensura del politically correct se non aggiungessimo il cotée di sinistra, il suo lato oscuro che poi tanto oscuro non è. Perchè l'immensa tela che un risorto Goya sta completando è definita da altri "mostri", non meno necessari alla comprensione dell'accaduto. Destra e sinistra accomunati nella stessa mangiatoia non è un fatto nuovo, non è un episodio nel divenire dell'italica storica segnata irrevocabilmente dal duplice marchio del trasformismo e del compromesso più o meno storico. Dal Connubbio e da Depretis in giù, la nostrana pellicola storica si snoda e si coniuga in nome dell'illustre Voltagabbana. La maschera ben più nazionale di Pulcinella e di quella convergenza verso le alleanze degli estremi, pur necessaria in momenti di emergenza, ma utili, nella bonaccia, a condividere e a suddividere le creste, le risorse in nero, le tangenti. Eccoci così all'altra faccia della medaglia, alla sinistra che ha fatto dell'onestà una bandiera, della correttezza una costante inflessibile dei propri adepti e della trasparenza una garanzia contro la corruzione (degli altri).
Ebbene, la notizia che il direttore del settore trasparenza del comune capitolino guidato da Marino, è un qualcosa che va al di là di ogni sceneggiatura, da sola, lei, con il significante asceso a mito della gauche in perenne adorazione di se stessa, la dice lunga, spiega il contesto, illumina le catacombe. La trasparenza, il nome magico, il marchio, la garanzia, come in uno spot, un liquore da propinare ai creduloni davanti alle bancarelle degli imbonitori.
Ma non possiamo non seguire lo sguardo lungo di cui parlavamo all'inizio. Che riguarda anche il Premier. Certo, in tv funziona, nel botta e risposta è il più bravo, si vede che è di buona scuola, anche berlusconiana. Peccato che non abbia fino ad ora avuto una risposta non solo pronta ma obbligatoria rispetto alla domanda che tanti, tantissimi liberali, anche da questo umile giornale, gli hanno posto da quel dì: che aspetta a sciogliere le 8mila aziende municipalizzate? En attendent Godot...
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 20:19