Europa senza welfare per gli immigrati

Come poco tempo fa ha già fatto la Corte di giustizia europea, adesso David Cameron per la Gran Bretagna annuncia una stretta al welfare per gli immigrati. Il piano annunciato da Cameron prevede infatti un innalzamento dei tempi sino a quattro anni per potere beneficiare dello stato sociale britannico. Se dopo sei mesi l’immigrato – ad esempio italiano – non avrà trovato un’occupazione, dovrà lasciare il Paese. E lì, a differenza che qui da noi, il controllo è serio e funziona e te ne devi andare. Nel piano è prevista anche la riduzione degli assegni familiari, che vuol dire che se la famiglia continua a risiedere nel Paese d’origine non potrà più ricevere gli assegni, diversamente da ciò che succede oggi.

“Questi sono punti irrinunciabili del mio negoziato con l’Unione europea, mi auguro siano accolti, se l’Unione mi sbatterà la porta in faccia terrò tutte le porte aperte…” Tranquillo Cameron, nessuno ti sbatterà la porta in faccia perché questa Europa, è debole e fifona, e perennemente sotto ricatto, a cominciare da Juncker l’evasore, dunque nessuno oserà dire alcunchè. L’Europa nonna, come la chiama il Papa, a indicare bene che è decrepita, prenderà solo atto di qualsiasi cosa la Gran Bretagna decida di fare e faccia, al solo scopo di rimanere pavidamente quanto inutilmente assisa sullo scranno euro burocrate. Dopo il trionfo elettorale della destra populista anti immigrati inglese, Cameron sta correndo ai ripari, sul tema, cui gli inglesi sono sensibilissimi dato he si tratta del loro lavoro, dell’invasione degli immigrati. Quindi è stato pianificato di togliere agli immigrati i benefit oggi garantiti dal welfare inglese, anche ai lavoratori con poco reddito, si pensi ai sussidi di disoccupazione e per la casa, alle esenzioni fiscali e agli aiuti per la prole a carico, per i primi quattro anni di lavoro in Gran Bretagna. Non si potrà arrivare dall’estero senza un’offerta di lavoro, e in assenza di occupazione entro sei mesi, si dovrà uscire e lasciare il Paese. Non ci sarà più alcun pagamento alle famiglie per aiutare a prendersi cura dei minori, ove questi vivano fuori dal Paese. Erano i principi cardine intorno cui ruotava il programma di Margaret Thatcher, osteggiati nel tempo ciecamente dalle Corti europee, ma che sono lì a dimostrazione di quanto la statista inglese avesse visto bene dato che, oggi, anche le Corti stesse europee si sono poste il problema giungendo a conclusioni thatcheriane. Si auspica un sistema welfare duro per necessità, in Gran Bretagna, nei confronti degli immigrati di tutta Europa. Sono 260 mila le persone immigrate ad oggi, dato in crescita vorticosa se si pensa che, solo un anno fa, nel 2013, erano state 185 mila. Più che una politica anti immigrati, la Gran Bretagna si sta preparando a deportazioni in massa nei Paesi di origine.

La questione che pone Cameron nei confronti dell’Europa unita è tanto legittima quanto politica. E si tenga presente, tra l’altro, che ci si sta rivolgendo a noi italiani, che, al pari della Spagna, inviamo un flusso ininterrotto di giovani, i nostri giovani, in cerca di occupazione il più lontano possibile dal disastroso mercato mal funzionante e penosamente stagnante nazionale. Gli italiani e gli spagnoli sono immigrati in Gran Bretagna al pari, nel numero, a bulgari, rumeni e popolazioni dei Paesi baltici. Cameron ha già detto no e rimandato al mittente (la Germania) l’idea di talune quote per ciascun Paese amministrate dall’Europa, e il sentimento comune in Gran Bretagna è quello della parte politica più estrema che fa capo a Nigel Farage dell’Ukip che sostiene che pensare di potere controllare l’immigrazione e stare dentro l’Unione europea è una illusione. Mentre in Italia, nella sola Roma, e solo quelli censiti, abbiamo ben 320 mila immigrati provenienti dalla Romania (72 mila circa), dalle Filippine (28 mila circa), dal Bangladesh (15 mila circa), dalla Polonia ( 15 mila circa), dalla Cina (12 mila circa), dal Perù (12 mila circa) e dall’Ucraina (10 mila circa), importiamo cioè stranieri per lo più di condizione e cultura disagiate, cui garantiamo il nostro welfare sine libitum, i nostri ragazzi verranno presto limitati nel welfare europeo dalla stessa Europa che a ragione fa i conti con le possibilità e le necessità di un elettorato preso in giro da questa Europa.

Finchè qualcuno in Europa non solleverà la questione di ricontrattare l’Unione, sarà sempre più così, sempre più buio pesto. Sono più di quindici anni che è stata presa e si percorre la direzione sbagliata, sempre più estesa e amplificata. L’unica possibilità è quella di tornare ai Trattati fondativi e disapplicare, togliere efficacia e valore, a ogni atto e provvedimento che non sia Trattato. E’ dagli atti, diversi dai Trattati, che è derivata questa mal comprensione degli ideali e del progetto originari europei. Solo con la ricontrattazione di questa Europa, quella esistente, e la “stipula” della nuova Unione politica europea, l’Europa unita potrà – forse - sopravvivere. In assenza, ci si prepari a restringimenti sociali, contestazioni, rigurgiti e rinculi nei nazionalismi, a istanze separatiste, scissioni, ribellioni, aggressioni, violazioni.

Perché ci vuole l’Europa politica? Perché è l’unica possibilità di dare legittimazione alla costruzione europea, da rimodellare in toto. Si ricordi che l’idea originaria era un’unione politica europea da cui sarebbe dovuta discendere la costruzione tutta europea, e che si è poi deciso di intraprendere un percorso di piccoli passi “unificatori” fino all’esistenza di un’unione politica. L’Europa con la moneta comune ma senza governo politico, è destinata a frantumarsi, a sciogliersi, a cadere sotto la mannaia dell’assenza di legittimità politica, di rappresentatività democratica, per l’assenza cioè dello Stato democratico europeo.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 20:12