Col voltagabbanismo il carro sbanda forte

Urla e bisbigli, levata di scudi e alzata di spalle, entrate gaudenti e fughe precipitose dagli studi televisivi dei talk politici sono la rappresentazione di quel trasformismo politico generato da una sorta di impropria ed empirica convenzione costituzionale che tralasciando quell'insieme armonico di regole certe di democrazia è finito in un buco nero di consuetudini accettate e condivise.

La sceneggiata dell'ex penta stellato Artini non è altro, in sostanza, che la 'summa' delle fibrillazioni alle quali sono sottoposte tutti gli schieramenti politici che impongono, più che mai, la necessità di una riforma costituzionale, in grado di orientare e contenere la contesa politica entro argini sicuri e predeterminati, evitando sbandamenti e convulsioni e assicurando una sana governabilità. Molti dicono c'è Renzi! Altri, potrebbe esserci Salvini! Altri ancora, torna Berlusconi! Con quello che ci ritroviamo l'obiettivo di riformare lo Stato appare oggi decisamente lontano, se non irraggiungibile.

La nostra politica o meglio ancora gli eletti dal popolo esercitando il pio esercizio del 'voltagabbanismo' assomigliano sempre più a quel prodotto dell' 'italietta' post 25 luglio 1943. Quando tanti assidui 'paluditores' di Piazza Venezia entravano nei 'vespasiani' facendo finta di espletare un bisogno fisiologico ma in realtà si disfacevano del distintivo del Pnf. Una sindrome dettata di scendere dal carro dove si era saliti per volontà della sovranità popolare.

Cosa penso di costoro? Che sono dei saltafossi che confondono l'opportunità con l'opportunismo. Che Renzi o meglio ancora che il PD stia conducendo una campagna acquisti nei confronti dei fuoriusciti di Grillo non ci sono dubbi. Infatti, osservando dalla mia postazione privilegiata di Attilio Regolo, non mi resta che paragonare Renzi a De Pretis che così giustificava il trasformismo politico: “Se qualcheduno vuole entrare nelle nostre file, se vuole accettare il mio modesto programma, se qualcheduno vuole trasformarsi e diventare progressista, come posso io respingerlo?”.

L'avvento di questa nuova era politica non giustifica e non assolve il modernismo dell'istituzionalizzazione delle transumanze con dati statisticamente rilevanti. Naturalmente un Artini non vale meno di un Mastella come un 'fagiano' non vale meno di una 'quaglia' e del suo salto. E chi non dice che la telefonata di Renzi ad Artini, caso vuole, mentre era microfonato per andare in trasmissione non sia il messaggio o peggio ancora il pegno da pagare mandare a casa Alfano e compagni. Ora, che si tratti di maldicenza politica o fotografi l’esatto andamento non è importante. Non è sul baratto politico, ma è sulla parabola umana che porta un politico che ha militato per anni in una fazione a scegliere il passaggio fra le milizie avverse che viene spesso misurata la credibilità e la capacità di mutare repentinamente opinione, tanto da amoreggiare come ha fatto Artini o il tanto voltagabbana al telefono. Di votati ed eletti in uno schieramento che passano acrobaticamente, come per magia nell'opposta fazione, se ne contano a iosa. L'identikit del parlamentare che fa il salto della quaglia non è ben definito.

Ci sono gli ideologici folgorati sulla via di Damasco. I carrieristi che improvvisamente rinnegano i propri convincimenti per ragioni di mero calcolo utilitaristico. Gli alfieri dell'innovazione della prima ora che diventano feroci antagonisti, comunisti che diventano antesignani del pensiero liberal. Democratici convinti che passano con disinvoltura sotto le insegne parlamentari dello schieramento. La magnifiche sorti e progressive della Seconda Repubblica hanno conosciuto variegati modi di alterare il vincolo di mandato e la coerenza personale. Mi spiace smentire un mio caro amico che scrisse in una sua pubblicazione di qualche anno fa: “Dove c’è voltagabbana, c’è democrazia".

Assolutamente no, preferisco che ci lascino la 'democrazia' e che tutti i voltagabbana si prendano pure a calci nel culo e la smettano di trascinare inesorabilmente l’Italia al fallimento. Soprattutto la smettano di parlare di antipolitica. L’antipolitica sono loro, con le giravolte somigliano più ai topi che alle aquile.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 20:19