
C’è un problema grande come una casa. Le fondazioni e tutto ciò che ruota intorno, cioè lo Stato italiano. Non si sa molto, non trapela granchè. Temo si tratti di un meccanismo con cui si nutre la politica di sinistra. Abbastanza corposo da rappresentare il problema per eccellenza e essere il sistema difficile da “gestire”, tantomeno da riuscire a portare a soluzione.
Quale sia il rapporto che corre tra le fondazioni e il Paese non è chiaro perché non è dato sapere troppo. I più “inciuciati” in Italia sanno, ma si guardano bene dal fare trapelare. Il filo stretto che lega le fondazioni alle banche, in un tutt’uno con la politica e il terzo settore (si pensi alla Cassa depositi e prestiti o alle Casse di risparmio, o ad associazioni come le reti Anpas, Convol, Assifero, Csvnet eccetera), in definitiva con lo Stato, desta totale inquietudine. Le fondazioni paiono essere una sorta di “cassa” dotata di ingente denaro con cui si occupa e gestisce tuttora il potere in Italia, formalmente, dicono loro, per riempire un vuoto di un potere in ritirata, ad esempio dello Stato dal welfare o di un mercato imperfetto dalle banche, nella sostanza si tratta invece di un sistema all’arrembaggio del potere stesso, o meglio, come sospetto, soprattutto per le fondazioni bancarie, sono esse stesse in realtà il potere in Italia.
Nate con intenti “filantropici” (diffidare sempre di chi dice di fare il bene), oggi sono “filantropiche” verso e per un esercito di italiani eminentemente di sinistra, appartenenti cioè alla politica di sinistra, o confluiti in essa, si pensi agli incesti della passata democrazia cristiana nelle fila del partito democratico prima ds, insomma oggi di sinistra. Come da ultimo il governo beffa Renzi (che partecipa a cotanta abbuffata), si annunciano riforme della loro legge istitutiva Amato-Ciampi, ma rattamente non se ne fa niente. Cosa sono le fondazioni? E, soprattutto, i soldi, tanti, che hanno e gestiscono, da chi provengono? Sono nostri? La risposta è sì. Soldi pubblici in mano a privati di sinistra. Si tratta cioè di soldi che “nutrono” e consentono di vivere la sinistra politica italiana.
Giuliano Amato ha parlato di “foresta pietrificata” e, grazie a questa espressione pittoresca, si muove da secoli tra cariche istituzionali pubbliche danarose, tipo la Corte costituzionale di cui è oggi giudice. Anche Mario Draghi ha parlato di fondazioni, una volta, in un lontano febbraio 2011, quando era governatore della Banca d’Italia, invitandole vigorosamente a ricapitalizzare le banche italiane (poi lo ha fatto fare da presidente della Banca centrale europea). Ma quello che proprio non si spiega, o altrimenti spiega moltissimo, è come mai chi ha a che fare con le fondazioni in Italia, si senta improvvisamente una specie di re e ambisca a incarichi mostruosamente sovradimensionati per lui, tipo Sergio Chiamparino o Franco Bassanini che si candidano da soli, senza che nessuno possa neanche solo immaginarli a cotanta carica e ruolo, alla presidenza della repubblica italiana.
Le fondazioni devono essere una specie di cocoon (il film in cui alcuni decrepiti anziani malati, in un ospizio americano di lusso, venivano per caso in contatto con acque salvifiche e ringiovanenti grazie alle quali, immergendosi,divenivano improvvisamente vigorosissimi e in gran forma) per i soggetti che in qualche modo hanno a che fare con esse. Il loro destino dovrebbe essere quello di gestori di patrimoni sempre meno bancari, ma per ora, dalle parole stesse dell’attuale ministro del tesoro Pier Carlo Padoan (il ministero del tesoro avrebbe il compito di vigilarle, uno dei tanti fili che le lega alla politica italiana), si evince che se ne auspicherebbe unicamente uno straccio di atto negoziale tra amministrazione e fondazioni, ad oggi non esistente, nemmeno quello. “La legge Ciampi è articolata su principi generali che possono essere completati. Uno strumento utile potrebbe essere un atto negoziale tra amministrazione e fondazioni, che individui in modo più specifico i comportamenti da osservare su gestione del patrimonio e governance.
Molto è stato fatto con la Carta delle fondazioni” si è espresso Padoan. La Carta è una specie di codice “volontario ma vincolante” ( ma i codici non sono volontari per legge) introdotto dall’organismo che riunisce le fondazioni più importanti in Italia, l’Acri, predisposto nell’aprile 2012, dopo che da un anno il suo presidente Guzzetti cercava di capire come fare a parare colpi normativi. Nella Carta sono descritte varie condotte che l’associazione invita a osservare, del tipo le cariche sociali “incompatibili con qualsiasi incarico o candidatura politica elettiva o amministrativa” (la politica è invece alla base delle fondazioni), gestione del patrimonio “fondata sulla diversificazione” (continueranno a fare quello che vogliono), attività istituzionale “trasparente e imparziale” (la vogliamo vedere). Tradotto in pratica dovrebbe consistere in 1. niente investimenti a debito o speculativi, 2. niente quote in banca che eccedono il 30 per cento del patrimonio, 3. sincronia tra investimenti ed erogazioni. Di fatto dal 2012 ad oggi solo alcune fondazioni hanno recepito – su base volontaria - la Carta volontaria, ma ciò non ha impedito il perdurare di ruoli frammisti alla politica come quelli di Sergio Chiamparino o di Roberto Pinza, ex Pd ora a capo di fondazione Cariforlì, o nuovi dissesti tipo Carige e Marche, o l’esistenza di fondazioni fortemente presenti o sbilanciatissime – diciamo così - sulle banche.
Ma chi nomina chi dentro le fondazioni? Udite udite, Giuseppe Guzzetti, da tempo numero uno della Fondazione Cariplo tuttora capo dell’Acri (Associazione di fondazioni e di casse di risparmio s.p.a.) e il cui mandato scadrà nel 2016 insieme ad una settantina di presidenti di fondazioni al secondo mandato e non rieleggibili (all’Acri, Guzzetti è in carica fino al 2019), è in fondazione su indicazione della provincia di Como. Avete capito bene, è lì nominato da decenni dalla Provincia. Sono infatti le province che nominano decine di rappresentanti nei salotti del credito. Ma, si dirà, non erano state abolite le province? Non era il cavallo di battaglia del governo Renzi imbroglione che le province erano state abolite? E allora, oltre che l’abolizione è un bluff come Renzi e tutto il suo governo, che legittimità hanno quei rappresentanti? Che legittimità avranno? Chi rappresentano e che legittimità giuridica hanno i nominati che tuttora siedono negli organi delle fondazioni nominati dalle province? Con il venir meno dell’ ente nominante, come saranno distribuite sul territorio le erogazioni delle fondazioni che prima venivano filtrate tramite le province? Le province, oltre a scegliere i membri degli organi d’indirizzo delle fondazioni, hanno infatti sempre indicato ai nominati negli organi d’indirizzo il nominativo o i nominativi da proporre negli organi di gestione delle medesime.
E chi amministra, e in base a quale legittimazione, un patrimonio pubblico ingente sia in termini economici, sia di influenza politica dato dalle Casse di risparmio del nord Italia, dai piccoli istituti del sud passando per le banche di credito cooperativo fino a una cinquantina almeno di partecipazioni in fondazioni bancarie e in istituti di credito? Per capire dentro quali tinte fosche ci si aggira, si sappia che Giuseppe Guzzetti, da tempo in cerca di successori, aveva puntato, per succedergli all’Acri, su Giuseppe Mussari, suo vice presidente per tanti anni (sic). Proprio così, dalla sola idea della successione traspare, in tutta la sua evidenza, la commissione nefasta tra fondazioni e banche, specificamente Monte dei Paschi di Siena, banca della sinistra disastrosamente amministrata e affondata dalla sinistra medesima si è visto come. Messo da parte Mussari, dal 2012 Guzzetti ha pensato a Chiamparino, suo vice all’Acri e presidente nella Compagnia di San Paolo - altra banca, altra commistione fondazione/banche/sinistra politica -, ma l’ ex sindaco di Torino del pd si è buttato direttamente sulla politica, preferendo presidente della regione Piemonte sempre con il pd.
O si guardi a Giovanni Bazoli, anzianissimo presidente di Intesa Sanpaolo (il cui genero Gregorio Gizzi, politico di sinistra prima montiano ora pd, è nella top ten degli avvocati con affari lucrosissimi che, detto sinceramente, chi non è “di famiglia”, in genere, non riesce a intravedere nemmeno col binocolo), nume tutelare della finanza cattolica cui Diego Della Valle ha addebitato il dissesto nei conti della casa editrice Rcs, dotato di una forte partecipazione nell’azionariato nella “sua” banca – Intesa – di chi? Ma di Giuseppe Guzzetti. Ed ecco che nientedimeno che il governatore della Banca d'Italia, Ignazio Visco, è andato a chiedere a Bazoli (la Banca d’Italia chiede a una banca?) di trovare un acquirente per il Monte dei Paschi di Siena, appena bocciata al controllo dello stress test e della vigilanza della Banca centrale europea. E’ un dato di fatto, le fondazioni si affannano molto per non scomparire dagli assetti proprietari delle banche le cui nomine tutte provengono, sono amministrate, conferite, disposte ed elargite dalla sinistra politica (dalle province non abolite e dal partito della sinistra politica). Nella tempesta/disastro del rapporto economia, banche e politica italiane, il neo presidente della Fondazione Mps, Marcello Clarich, ha adesso proceduto ad un ingente aumento di capitale Mps e la fondazione ha messo ben 50 milioni, mentre sono stati reclutati alla bisogna soci stranieri quali la brasiliana Btg Pactual e la messicana Fintech.
Lo stesso sta avvenendo in Intesa e in Unicredit, banche amministrate dalla sola sinistra, il cui peso dei soci stranieri rispetto alle fondazioni originarie è diventato sempre più importante, mettendo a repentaglio lo strapotere delle fondazioni. Sembra di assistere allo “spettacolo” di chi difende con le unghie e con i denti - Guzzetti e Bazoli lo stanno facendo - un sistema di controllo politico danaroso tutto in capo alla sinistra, costruito negli anni, oggi col terrore che lo stesso venga travolto. Il fondo americano Blackrock ha già da tempo superato il 5 per cento di Intesa, diventando il secondo azionista dietro la Compagnia di San Paolo. Al Monte Paschi i soci latino americani hanno stretto relazioni con l'establishment italiano, ovvero Fintech ha comprato da Telecom Italia una partecipazione in Telecom Argentina, mentre Btg Pactual si è aggiudicata la Banca della Svizzera italiana, venduta dal gruppo Generali. In Unicredit il fondo sovrano di Abu Dhabi, quello libico e la stessa Blackrock pesano ormai più delle fondazioni azioniste. Cosa ti fanno allora le fondazioni? Grazie a una norma varata dal parlamento che permette ai soci stabili di aumentare i loro diritti di voto rispetto agli altri azionisti, tentano di cristallizzare, sostenere e mantenere il loro potere all’interno, stranieri permettendo.
Sul fronte delle fondazioni “religiose”, c’’è il recente caso di Luigi Zanda, capogruppo al Senato del pd (ovviamente) che, tra i numerosissimi incarichi che ricopre, ha anche quello di consigliere di amministrazione della fondamentale fondazione per le scienze religiose Giovanni XXIII di Bologna, “istituzione di ricerca, che pubblica, forma, serve, organizza, accoglie e comunica la ricerca nell’ambito delle scienze religiose” (oddio). Con l’obiettivo “pio” di “dotare il sistema della ricerca italiana di una infrastruttura di eccellenza nell’ambito della ricerca storico religiosa europea e internazionale”, l’altro giorno l’ex margherita Zanda ha incassato nostri 426 mila euro per finanziarsi. Nel consiglio di amministrazione ci sono, tra gli altri, Valerio Onida ex giudice della Corte costituzionale, Piero Giarda, ex ministro dello scellerato governo Monti e, dulcis in fundo, il presidente della Cassa depositi e prestiti Franco Bassanini, marito della vice presidente del Senato Linda Lanzillotta (unico contrario un grillino).
Chi paga cotanta fondazione? I contribuenti italiani. Alla faccia di qualsivoglia conflitto di interessi, si paga noi. E venendo alla Cassa depositi e prestiti che investe i risparmi postali degli italiani in fantomatici fondi per “rilanciare l’industria” (ma anche 100 milioni di euro nell’azienda farmaceutica Kedrion dell’amico di Matteo Renzi Andrea Marcucci o 150 milioni in quella che produce valvole Valvitalia). Di fatto lo Stato, che ha regalato alle fondazioni bancarie il 20 per cento di Cdp, adesso le paga una sorta di “pizzo” miliardario. La Cassa depositi e prestiti è insieme e in un tutt’uno con le fondazioni. Negli ultimi dieci anni le fondazioni hanno preso dalla Cdp dividendi per 1,3 miliardi ed è Guzzetti presidente della Fondazione Cariplo che ne nomina il presidente e ha il diritto di veto sulle modifiche dello Statuto. Ha un attivo patrimoniale di 314 miliardi, ma di questi solo 18 sono suoi –è il patrimonio netto cioè la somma del capitale sociale e delle riserve -, gli altri 296 miliardi sono debiti. A fronte dei 18 miliardi di patrimonio netto, Cdp ha in portafoglio partecipazioni per 32 miliardi, tra esse i pacchetti di controllo di Eni, Terna e Snam. Raccoglie risparmio e lo presta ma non è una banca.
I soldi con cui il presidente Franco Bassanini (e l’amministratore delegato Giovanni Gorno Tempini) si divertono, sono tuttavia nostri, quelli dei risparmiatori che affidano alle Poste in cambio del rendimento minimo di buoni fruttiferi e libretti (Cdp ha avuto così 242 miliardi, remunerati con 5,4 miliardi, al tasso medio del 2,1 per cento). Cdp gira i soldi in gran parte allo Stato, comprando Bot, Cct e Btp e alimentando un conto presso la tesoreria (nel 2013 ha prestato al tesoro 173 miliardi, incassando interessi per 5,9 miliardi, al tasso medio del 3,4 per cento, superiore del 60 per cento a quello pagato alle Poste). Se il tesoro piazzasse direttamente i suoi titoli ai cittadini italiani risparmierebbe 2,3 miliardi, invece lascia letteralmente il “pizzo” alla Cdp. E nel 2013 la Cassa ha casualmente fatto 2,3 miliardi di utile netto.
La Cassa depositi e prestiti non è più pubblica e quando lo Stato le svende la Fintecna, come ha fatto, parte del “bottino” va alle fondazioni, che a loro volta lo distribuiscono nei territori della sinistra, dove “irrigano” il consenso dei politici che scelgono i vertici delle fondazioni (nel 2013, degli 840 milioni erogati dalle fondazioni, 150 milioni venivano dal dividendo Cdp). La Corte dei Conti guarda e tace. Adesso sappiamo perché Franco Bassanini o Sergio Chiamparino si propongono per il Quirinale.
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 20:09