
Vorrei fare una domanda al segretario generale della Cgil, la compagna Susanna Camusso: quando fu fatto l’accordo di San Valentino sul blocco di 4 punti della scala mobile (il 14 febbraio del 1984), lei dove stava e con chi stava? Berlinguer scatenò una guerra totale contro il Governo Craxi, obbligando il buon Luciano Lama a non firmare l’accordo con l'Esecutivo e rompendo di fatto l’unità d’azione sindacale con Cisl e Uil e anche dentro la stessa Cgil, tra socialisti e comunisti.
Il sogno di una vita di Luciano Lama, l’unità sindacale, fu travolto da un diktat dato dal Pci per affermare la sua superiorità e il suo diritto di veto sulle tematiche del lavoro, considerate di sua totale competenza per trascendenza divina. Oggi mi sembra di rivivere in modo surreale e paradossale uno scontro epocale simile, ma in un contesto totalmente diverso sulla riforma del mercato del lavoro. Se osserviamo le forze in campo notiamo profonde anomalie: ieri nella sinistra del Paese c’erano il Pci e il Psi, oggi esistono ex comunisti sparsi, socialisti ignavi, una folta presenza della sinistra democristiana e un buon manipolo di persone opportuniste che sanno sempre schierarsi con il vincitore di turno. Ieri si parlava di togliere ai lavoratori gli scatti automatici della scala mobile, oggi di modificare radicalmente l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori; ieri si gridava che si affamavano gli operai, oggi si grida che si aboliscono i diritti dei lavoratori.
Ecco il perché della domanda alla segretaria della Cgil; dove stavi o cosa è avvenuto alla compagna socialista Camusso in questi vent’anni di oblio del pensiero e dell’agire dovuto alla cultura socialista. Credo che possiamo parlare in questo caso di una mutazione genetica della cultura della Cgil. Questa bolla della mutazione genetica fu lanciata dalla chiesa Berlingueriana contro Craxi, perché ebbe l’ardire di consolidare nel Psi una cultura liberalsocialista e riformista e non subalterna al Pci. Se la Camusso come Epifani erano socialisti craxiani e hanno fatto carriera grazie a questa appartenenza, come fanno oggi a sostenere queste posizioni massimaliste? (forse appartenevano a quella schiera di ignavi che ufficialmente lodavano il capo e poi dietro le quinte ne parlavano male per accreditarsi agli occhi dei cugini comunisti).
La mutazione genetica avviene quando due personaggi di spessore come Bruno Trentin e Ottaviano Del Turco vengono sedotti ed affascinanti dalle baggianate suggestive di Fausto Bertinotti sullo scioglimento delle correnti ideali che hanno fondato la Cgil, quella socialista e quella comunista. Certamente in quel contesto storico non ci fu solo il sonno della ragione, ma anche tanto opportunismo. Per i comunisti fu un modo di riciclarsi dopo la caduta del muro di Berlino, senza pagare dazi; per i socialisti fu contemporaneamente la realizzazione di un sogno che ci toglieva da una condizione di minorità organizzativa, ma divenne anche un modo (per molti) per nascondere l’appartenenza al partito (cioè coloro che storicamente hanno vinto nei confronti del comunismo) vista la caccia ai socialisti che si scatenò in modo furibondo nel Paese nella epopea giustizialista e golpista di “Mani pulite”.
La scelleratezza di questa volontà di abolire le due correnti storiche in quel contesto politico comportò una perdita di identità della Cgil con il sopravvento di culture massimaliste che già persistevano in forma minoritaria dentro la Cgil. I capisaldi di questa minoranza erano da un lato la Cgil Scuola (gli intellettuali incompresi che giocano a fare la rivoluzione con gli studenti) e buona parte del corporativismo delle categorie del pubblico impiego. Può sembrare strano, ma la Fiom - che si è sempre auto considerata una quarta confederazione sindacale - nei fatti era molto più pragmatica perché se anche culturalmente evocava una costante vocazione alla lotta di classe permanente, a livello sindacale si confrontava con i duri problemi del lavoro operaio (a cui bisognava dare risposte concrete). Nella crisi del Pci e nella scomparsa del Psi si compie questa mutazione genetica di una classe dirigente della Cgil che dopo aver consumato un po' di vendette interne si trova senza più riferimenti esterni con cui dialogare ed elaborare strategie in grado di affrontare i cambiamenti dovuti alla globalizzazione.
I gruppi dirigenti della Cgil diventano autoreferenziali, le cordate interne si compongono non più su battaglie ideali, ma sulle proprie carriere e orfani di una cultura (chi per vergogna di non potersi dire comunista chi per ignavia di potersi definire socialista) il massimalismo, l’assistenzialismo e la visione statalista della cultura burocratica diventano il mix culturale di questa Cgil ormai autonoma da tutto e da tutti. Lo stesso sciopero del 5 dicembre indetto dalla sola Cgil non è altro che la conferma di questa visione autorefenziale che i socialisti della Cgil hanno sempre condannato e contrastato obbligandoli, dopo l’uscita di Lama dal sindacato, ad essere unitari. Certamente il sindacato confederale tutto (che è stato risparmiato da Mani pulite) ha molti problemi da risolvere, ma sarà perché nei fatti Cisl ed Uil hanno sempre avuto una alta dose di autonomia nonostante possono essere considerati filo governativi. La Cgil insieme alla ritrovata autonomia ha perso la propria identità culturale ed è come quel bambino che essendo orfano sviluppa verso il mondo esterno un atteggiamento aggressivo anche se a volte si mostra conciliante.
Non so se il Governo Renzi realizzerà la riforma del mercato del lavoro, abolirà i contratti di lavoro anomali e taglierà le tasse sul lavoro; certamente un sindacato riformista avrebbe il dovere di assecondarlo, controllando che ciò che afferma si realizzi ed inoltre lo sfiderebbe a realizzare un progetto riformista sulla democrazia industriale, sulla partecipazione dei lavoratori alle scelte aziendali. Mancando quella fiamma ideale del socialismo riformista, la Cgil e il sindacato in genere perdono la loro forza propulsiva nell’essere un soggetto attivo del cambiamento del Paese.
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 20:17