L’America mette   sull’avviso l’Europa

Forse qualcuno non si è ancora reso conto che Mario Draghi, presidente della Banca centrale europea, viene preso a verniciate e uova dai giovani di economia dell’università di Roma, o che Jean Claude Juncker faccia di bronzo, novello presidente della Commissione europea, parla di “trasparenza sugli accordi fiscali” mentre tutta la stampa, statunitense in testa, lo invita velocemente a dimettersi, o nessuno si è accorto che la Mogherini aizza il mondo arabo perché massacri ancor di più e lo fa, essendo nulla, a nome addirittura dell’Europa, o, ancora, nessuno ha davvero preso atto che, in Italia, si alternano le nomine pubbliche al Parlamento, nelle Corti vedi la Corte costituzionale o il Csm, in Banca d’Italia eccetera, come se si fosse fermi a decenni passati e come se non avesse alcuna rilevanza o valore una volontà economica, politica e istituzionale significativamente diversa e espressa sinceramente dai cittadini che, per ora, trova espressione in uno strampalato movimento cinque stelle, piuttosto che in una lega simil-dittatoriale, così come ha preso voce con Marine Le Pen in Europa, o con il tentativo separatista scozzese o, ancora adesso, in Catalogna in cui ben 2.043.000 persone sono andate alle urne di cartone gestite dai quarantamila volontari a dire la loro e ad essere ascoltati e di questi l’80,72 per cento ha espresso un chiaro doppio sì a favore della indipendenza.

A forza di non volere vedere e non volere sentire, si prepara il peggio, perché niente è stato prevenuto e previsto e tutto, in Italia e in Europa, appare ai più, sempre maggiormente come una vera provocazione nei confronti e a danno dei cittadini italiani e europei che siano. Non si potrà dire che non ci siano state chiare avvisaglie. Quando in un corpo la febbre sale all’impazzata, raffreddore, tosse e stordimento complessivi sono i sintomi della malattia. Cosa deve fare di più allora l’America per avvertire e mettere in guardia questa Europa dello sfacelo imminente se non, dopo aver “spiegato” il complotto europeo franco-tedesco contro l’Italia (lo spodestamento del governo legittimo eletto ad opera della sinistra e di Napolitano) se non lanciare un drammatico atto di accusa contro le politiche economiche adottate dall’Unione europea negli ultimi anni, disastrose e insufficienti a fare riemergere l’Europa dalla stagnazione unita a deflazione?

Alla vigilia del vertice dei capi di Stato e di governo del G20 (che si terrà a Brisbane in Australia questo fine settimana), in un suo intervento al World Affairs Council a Seattle, il segretario al tesoro, Jack Lew, ha denunciato infatti che “le politiche dello status quo in Europa non hanno raggiunto il comune obiettivo del G20 di una crescita forte, sostenibile e bilanciata. La Banca centrale europea ha intrapreso azioni decise per sostenere l’economia con politiche accomodanti. Ma questo da solo non è bastato a riportare una crescita sana. Un’azione risoluta da parte delle autorità nazionali ed europee è necessaria per ridurre il rischio che la regione subisca un vero e proprio crollo. Il mondo non si può permettere un decennio perduto in Europa”. Posto che il decennio è un ventennio perché i dieci anni trascorsi li abbiamo già “festeggiati” a crollo, è evidente quanto dietro tali frasi vi sia tutta l’insofferenza e l’insoddisfazione americana per la mancata adozione da parte dei governi europei, e in particolare della Germania, di politiche di bilancio espansive.

Nessun riferimento esplicito è stato fatto alla Germania, ma è noto che la politica del governo Merkel (che quelli italiani illegittimi di Napolitano fuggitivo, Monti, Letta e tuttora Renzi hanno scimmiottato senza neanche le furberie del surplus tedesco), fatta cioè di indebitamento a zero e di un ampio surplus commerciale con l’estero, è considerata un errore catastrofico. Né l’annuncio della Germania del piano insufficiente di 10 miliardi di euro di investimenti pubblici a partire dal 2016 è ritenuto bastante. La ricetta suggerita dagli Stati Uniti è un misto di politiche monetarie, di bilancio e di riforme statali strutturali al fine di rendere più competitive le economie. Ci vuole una politica monetaria, fiscale e di riforme effettive. Tutto quello che in pratica in Italia non succedendo, dove il governo Napolitano/Renzi ha aumentato le tasse e di riforme idonee non se ne parla. Si guardi, ammesso ci sia bisogno di ulteriore conferma, alla nuova legge elettorale, esemplificativa del fatto che Renzi sta barattando la salvezza del suo governo con la pelle degli italiani tutti, la nostra, con la governabilità futura tutta del Paese.

Il Parlamento italiano “riformato” da Renzi, rimarrà infatti così come è, frammentato tale e quale (soglia elettorale al 3%?), altro che riforme costituzionali vere. Colpevole è anche chi si è illuso, quando è così evidente il contrario, circa la realizzazione del sogno di rendere moderna e efficiente la nostra democrazia. Era ed è impossibile per mano di chi ruba il potere per sè conscio che l’ alternativa, per se stesso e famiglia, è il niente. Vorrei spiegare infine perché insisto molto sulla responsabilità, in Italia come in Europa. Posto che la responsabilità cosiddetta “politica” non esiste (cosa sono infatti un’eleggibilità con il solo 3% a fare da soglia o nominati “bloccati” già eletti prima dell’espressione stessa del voto degli italiani se non uno spargimento, una sorta di diffusione antidemocratica di occupazioni regalate e di per sè illegittime?), né esiste la vergogna o un comune senso di opportunità e pudore o buon senso la cui asticella di misura è, in Italia come – a quanto pare – in Europa, caduta molto in basso, troppo in verità per fare da discrimen, è necessario che la politica, le istituzioni, le amministrazioni, la burocrazia, cioè tutto ciò che c’è di pubblico in Italia come in Europa, sia ricondotto a una logica eminentemente di mercato.

Non credo così profondamente nel solo mercato quale criterio di riferimento o perno fondamentale intorno cui fare girare il globo terraqueo, ma lo considero un ottimo principio di massima, per venire a capo della situazione complessa in cui si è, soprattutto dalla nostra parte del globo, quello occidentale. Far sì che i conti tornino, cioè che tutto ciò che è pubblico possa camminare economicamente da solo, è il probabile bandolo dell’intricata matassa. La legittimità democratica deve passare di sicuro attraverso l’autonomia economica, il camminare da soli, mai a ridosso dello Stato, o di tutti gli Stati. Bisogna far sì che la democrazia tragga la propria legittimità dalla espressione di valori economici. Solo così, cioè agganciando insieme economia, democrazia si avranno inevitabilmente la legittimità e la responsabilità dei rappresentanti e delle loro decisioni. Contare sul buon operare di chi non è in alcun modo responsabile, è una chimera che ha prodotto evidentemente tutto ciò che è oggi davanti ai nostri occhi.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 20:02