Imparare ad occupare:   i corsi sempre aperti

Come ti imparo a occupare

1) L’occupazione si impara alle scuole superiori e all’università. E’ una piccola furberia, una capacità di sapere star al mondo che si coniuga soprattutto in autunno ed inverno e da limitare all’avvicinarsi della buona stagione quando con le rincorse sui libri bisogna recuperare i giorni e mesi perduti. Resta come un rumore di fiondo, utile a ingrossare una conflittualità spicciola, utilizzabile alla bisogna contro un nemico politico, economico e anche universitario. Serve a far rimanere off limits i luoghi dell’accademia a molti politici e opinionisti, tra cui Giannino cui fu impedito fisicamente di entrare all’Università di Bologna. Il discorso per analogia riguarda gran parte degli esponenti del centrodestra. Paradossalmente veti e occupazioni non toccano le baronie professorali, le loro aule, i loro istituti, da quelli delle famiglie Boato-Fornero e Napolitano a Rodotà. A Roma dove risiede il grosso degli 8 milioni di studenti italiani, tutte le elezioni universitarie, che sono tante e distribuite per istituto, facoltà, sede, rettorato, dipartimento sono quasi sempre vinte dagli studenti di Vento di Cambiamento Fenix di Marzano e Lucchetti., una lista di centro destra moderata, che non sostiene occupazioni illegali. I giornali, soprattutto i più diffusi non parlano mai di questi studenti, legittimati dal voto dei loro colleghi (7600 voti su 16mia votanti effettivi che hanno dato nel 2013 a VdC i due posti di rappresentanza studentesca nel CdA de La Sapienza). Giornali e media danno voce alle piccole minoranze che occupano. Perché fa notizia il ribellismo. Soprattutto pesano parentele e amicizie nel mondo culturale che conta, le quali tramandano ai giovani di belle speranze la necessità di occupare almeno una volta nella vita. Come una volta bisognava cominciare l’età adulta al bordello o nella leva militare. La partecipazione ai moti studenteschi, magari da cooptati partitici d’elite, mandati in avanscoperta in incognito, nelle assemblee sempre meno vocianti e fumose, fa ormai parte del curriculum degli uomini e delle donne del potere. Dall’occupazione e dall’assemblea si diventa, senza soluzione di continuità, portavoce del sindaco, poi direttore del giornale di partito, quadro politico, ministra italiana ed europea, senza cambiare mai testa, linguaggio, pensiero, senza dover maturare mai. Mantenendo l’idea che si governa per spinte, per urli, per esclusioni, per cooptazioni. Per occupazioni indebite.

Ps. Gazebo: se non puoi continuare a occupare un teatro, avrai un pezzo di Rai

E’ un periodo quieto per le occupazioni adulte, dopo che i teatri occupati Valle e America, dopo tanti elogi, non sono più di moda. Per chi si preoccupi di sapere dove sono andati a finire gli occupanti, li può trovare quasi tutti in Rai, due giorni alla settimana, nella sinecura detta Gazebo.  

Occupazione studentesca, secondo la costituzione

2) Si sono spaventati i membri del Cda del Rettorato di Tor Vergata, Roma, dopo l’irruzione di fine ottobre di alcuni studenti che ne ha occupato la sede e bloccato i lavori per un esonero economico per i borsisti. In genere però c’è noncuranza per le manifestazioni studentesche come quella del plotone disordinato di 50 studenti che vanno su e giù nell’enorme cittadella universitaria de "La Sapienza" di Roma. In pochi si ricordano del nome del gruppo che anima la contestazione (questa volta Sapienza Clandestina, ma ci sono anche Rete della Conoscenza, Unione degli Studenti, Link, Udu e la Rete degli Studenti). Nomi che vanno, protestano e vengono. Si tramandano tra generazioni come l’appartenenza ad un clan, di cui nella maturità ci si vergogna un po’ ma alla cui nostalgia privatamente spesso e volentieri ci si concede. I 50, cacciati dal Lucernario occupato nei pressi del Teatro Ateneo, sono andati ad insediarsi in un ex magazzino adiacente a Medicina legale i cui professori Frati e Gaudio sono proprio il rettore vecchio e quello nuovo. Succubi della strategia dei centri sociali, gli studenti reclamano, invece che case sfitte, l’uso di "spazi abbandonati di cui l'università è piena". L’occupazione è divenuta quasi un’istituzione garantita in senso lato dal diritto allo studio dell’art.34 costituzionale. Molto più protetta di quanto non fosse la goliardia che fu. Non è forse una macabra goliardata il portico occupato dedicato al manovale morto che lo riparava dai vandalismi e dai vandali?  

La trattativa Scuola-Occupazione

3) In un mese ordinario, deflagrano i moti studenteschi uno dietro l’altro: il 10 ottobre, il 16, poi il 25 a San Giovanni, mentre ci si prepara a contestare il 17 novembre (giornata internazionale del diritto allo studio). Una volta c’è lo sciopero sociale, un’altra il mini corteo, un’altra ancora flashmob dimostrativi, volantinaggi, picchetti e blocchi stradali nel quartiere limitrofo; a seguire l’aggancio con le manifestazioni a portata di piede (in 80mila a fianco della Cgil) e infine soprattutto occupazioni, per assemblee e dibattiti senza fine in cui due parlano mentre gli altri smanacciano ad oltranza i cellulari. E’ uno scenario permanente, che nel 2012 vide l’80 per cento delle scuole romane occupate. A parte la costante Roma, sono sotto assedio Palermo, Catania, Firenze con 4 licei occupati (Michelangiolo, Leon Battista Alberti, Capponi e Galileo) e Pisa dove la foresteria universitaria delle Benedettine, ancora da inaugurare, è stata prima occupata dal Collettivo Universitario Autonomo e poi liberata con la forza. L’education convive con l’istituzione occupazionale. I presidi, per bocca dell’Associazione Nazionale, “fanno quel che hanno sempre fatto e che sono costretti a fare: ormai sono rodati a contenere i danni”. Le proteste studentesche (ma anche genitoriali e professorali) hanno riguardato parimenti i vari ministri in sequenza (Ruberti, Berlinguer, Moratti, Gelmini, Corazza). La Giannini, attuale ministra, non è contestata; semplicemente, secondo l’Uds “neppure considerata», come la famosa Buona Scuola, primo annuncio renziano, ridotto a panzana dallo Sblocca Italia. Un’azienda regionale per il diritto allo studio, come quella toscana, sta spendendo a Pisa oltre 20 milioni per nuovi 760 posti letto. Poi aggiunge qualche milione per i borsisti (che in Italia superano le centomila unità) senza posto letto cui toccano duemila euro annui cadauno. Come farà con solo 150 milioni previsti dal governo alle regioni per lo studio? 50mila borse saranno tutte a carico locale. Malgrado il clamore, il movimento non è poi così solidale. L’occupazione continuativa di uffici e foresterie, costa milioni di minicantieri di ripristino ed impalcature di sicurezza. Se poi un operaio ha un incidente mortale sul lavoro, come successe a Mohammed Bannour a Scienze Politiche de La Sapienza, si crea la tremenda occasione di protestare contro l’Università, il governo, la ditta dei lavori, il lavoro in quanto tale, la povertà che crea l’immigrazione e chi vi si oppone, mentre tutti i soggetti contestati titolano il portico all’operaio deceduto. Con buona pace dei manovali e dei borsisti. Fanno più gola gli spazi che le aule. Le interruzioni delle lezioni, nello standard dimostrativo, durano pochi minuti per la felicità del docente che solidarizza e del manifestante che non s’annoia.  

One education one occupation, lo scisma di Bologna

4) Fanno più gola gli spazi che le aule. Le interruzioni delle lezioni, nello standard dimostrativo, durano pochi minuti per la felicità del docente che solidarizza e del manifestante che non s’annoia. Gli studenti sono spesso double face e non sono soli. Si immergono al II Global Summit di istruzione e occupazione giovanile dove infoprovider alla McKinsey spiegano le regole della competizione, della professionalità e della competenza mentre distribuiscono piccole prebende a stagisti standisti. I docenti che hanno aèppena finito di sostenere le buone ragioni dell’occupazione non pagano gli studenti mandati a collaborare nella speranza di un ritorno accademico un giorno, Cosi i 5 giorni del Foro Italico spiegano il mistero del mondo dell’education capace di mantenere insieme mirti così diversi e contrapposti come Steve Jobs e Che Guevara. In fondo forse tutti inseguono solo la notorietà senza dare peso alle modalità per ottenerla. Il patto sociale scolastico ha rischiato di rompersi proprio nella sua patria, Bologna, l’anno scorso, a causa del presidente di Lettere e Beni culturali Marmo ed altri 42 docenti che, retrogradi, si sono rivoltati contro il quarto d’ora di occupazione aula standard, esponendosi in una lettera pubblica. Il contesto era quello di una Bologna della Digos venuta a liberare terreni e uffici della Facoltà di Lettere; della Polizia che sgomberava gli spazi occupati di Psicologia ed infine della “prepotenza inaccettabile dei collettivi che hanno preso possesso di alcune aule di via Zamboni” denunciata dai 42. Mentre si rompevano vecchi sodalizi che duravano dal 1977, come tra Eco, divenuto reazionario, e l’ex leader degli indiani metropolitani, Cavallo Pazzo, incredibilmente sopravvissuto al suo mito, contro i 42 si sono levati i Docenti Preoccupati, capitanati dalla Meneghelli del Dams, che hanno detto basta alla polizia nell’Università, a favore del collettivo Hobo alias laboratorio dei saperi comuni e del Bartleby occupante via Zamboni. Lo scontro dialettico tra i due gruppi, tenutosi a 6 numeri civici dalle aule in ostaggio, in una sala Pascoli colma di docenti e scrittori venuti da tutta Italia a dar man forte alla propria fazione per 5 ore è stato una vera sfida di Barletta. A destra la bandiera Rodotà, a sinistra quella della legalità reazionaria del partito egemone convertito mentre Cavallo Pazzo applicava a entrambi la teoria dei ”diritti conquistati a spinta”. Il collettivo Bartleby, senza pace dopo tante occupazioni e sgomberi, ha citato come alter ego il network detto Wu Ming di scrittori in incognito (Bui, Cattabriga, Guglielmi, Pedrini), autori come Luther Blissett Project del bestseller Q per Einaudi nel ‘99 e di altri romanzi (Altai, Manituana e L'armata dei sonnambuli), per lo stesso prestigioso editore. Il perdono era inevitabile.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 20:17