La dignità di Brittany   che va oltre la morte

Le parole della 29enne Brittany Maynard erano state più chiare di un qualsiasi raggio di luce: "Non esiste una cura che mi salvi la vita", diceva la ragazza, "e le cure consigliate avrebbero distrutto il tempo che mi era rimasto". E allora la donna, assalita da un devastante tumore al cervello, ha scelto la strada più difficile: ha optato per il diritto "a morire con dignità", in Oregon dove questo diritto è riconosciuto. Come era logico, la scelta della Maynard non ha trovato d'accordo la Chiesa che però in questa occasione, a giudizio di chi scrive, ha esagerato nel giudizio che non si è limitato ad una valutazione basata sulla fede o sul rispetto dei valori cristiani e della vita: no, stavolta si è andati oltre ogni religioso (e ragionevole) limite.

È stato il Presidente della Pontificia accademia per la vita a sentenziare che la scelta della 29enne americana è "un'assurdità" in quanto "la dignità è un'altra cosa che mettere fine alla propria vita". E cosa sarebbe allora la dignità di un essere umano? Trascorrere gli ultimi giorni in un letto, in preda alle peggiori sofferenze e consapevole (finchè la testa aiuta) di non poter mai guarire? È forse dignitoso mostrarsi impotentemente morente agli occhi di chi ti circonda e ti vuole bene? Ci spieghi, l'alto prelato, quale è il suo concetto di dignità.

Chi scrive, laicamente sostenitore dell'autodeterminazione del singolo anche nella scelta estrema (la più difficile della sua esistenza), concorda invece con l'oncologo Umberto Veronesi il quale ha evidenziato come sia "più specifico il tema di chi decide di morire a causa di una malattia incurabile in fase terminale, come nel caso di Brittany e in cui entrano in gioco molti fattori: età, tipo di malattia, il rapporto con i medici, il rischio di un crescendo di dolore fisico e sofferenza psicologica, il timore di perdere l’amore da cui si è circondati. Il suicidio in questo caso è più che comprensibile e certo non riprovevole.

Non dovrebbe esserci alcun dubbio circa il fatto che ognuno è libero di scegliere di morire, anzi ha il diritto di farlo, soprattutto se la sua vita viene giudicata un’insopportabile sequenza di ore di dolore, senza alcuna speranza di miglioramento o guarigione". E questo, caro monsignore, con la dignità non c'entra davvero nulla.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 20:11