
Una sforbiciata di una quarantina di pagine e un “abbonamento-stracciato”, compresa la quota associativa 2015 al Touring Club Italiano, a 100 euro (anzi 99,90). Sono le novità del settimanale “L’Espresso” che cambia direzione. Dopo quattro anni se ne va Bruno Manfellotto che ritiene di aver portato a termine la fase di ristrutturazione e quindi di aver esaurito il suo mandato. Esce in “pompa magna” salutato dall’azionista di maggioranza e presidente del Consiglio di amministrazione Carlo De Benedetti e dall’amministratore delegato Monica Mondardini. Secondo i dati aziendali il settimanale ha fatto registrare nel corso del 2013 una diffusione media di 239mila copie a settimana.
Con il nuovo direttore Luigi Vicinanza (nella foto), 25 anni nel gruppo prima a “La Repubblica” e poi direttore de “Il Centro” di Pescara e de “La Città” di Salerno e responsabile editoriale “Finegil” (la società che presiede i quotidiani locali) inizia una nuova stagione che dovrà fare i conti con le ristrettezze economiche e con il calo della pubblicità. Cento pagine daranno un aspetto sottile al settimanale di via Cristoforo Colombo a Roma e con redazione a Milano in via Nervesa. Il mandato assegnato a Vicinanza è quello di “cercare nuove linee d’intervento che consentano di mantenere tradizione e prestigio della testata” fondata nel 1955 da Arrigo Benedetti, di proprietà di Adriano Olivetti che nel 1957 cedette le azioni a Carlo Caracciolo e allo stesso Benedetti, con amministratore Eugenio Scalfari che ne assumerà la direzione giornalistica nel 1963.
Quali le prospettive future? I settimanali politici, come i talk-show televisivi, sono in crisi. A gennaio 2014 l’editore chiese un ridimensionamento degli organici e dopo una lunga e complessa trattativa venne firmato con la Federazione Nazionale Stampa Italiana (Fnsi) e il sindacato interno un accordo che ha previsto 12 prepensionamenti, con l’uscita di quasi tutti i quadri del settimanale. Ora cosa succederà? La redazione teme che il taglio della foliazione si porti dietro anche altri tagli e sacrifici redazionali.
L’orientamento del gruppo sembra quello di rafforzare maggiormente il quotidiano “La Repubblica”, che sta perdendo colpi soprattutto nei settori che contano come la politica e l’economia. Un primo rinforzo è stato deciso da Ezio Mauro con l’acquisto di Stefano Folli da “Il Sole 24 Ore” come editorialista, dal momento che a luglio il giornale aveva perduto dopo 28 anni il vicedirettore Massimo Giannini, passato a “Ballarò” in cerca di fortuna televisiva. Fortuna non arrivata considerando i bassi ascolti delle prime tre puntate su una Rai 3 senza anima e punti di riferimento.
I giornalisti del gruppo sono anche alle prese con le restrizioni previste dal nuovo contratto. Ai tempi di Scalfari direttore anche le retribuzioni dei big dei giornalisti democratici erano le più alte della categoria. Fino a poco tempo fa le redazioni del “Gruppo Editoriale L’Espresso Spa” erano anche il supporto maggiore dell’ala progressista che governa la Fnsi. Le delusioni sono tante come evidenziano le vicende del referendum sul contratto. La commissione ha constatato il mancato raggiungimento del quorum fissato (50+1 degli aventi diritto) e così non si saprà mai come si sono espressi i giornalisti sul referendum boicottato dalla Federazione. Un dato comunque è impressionante sul grado di consenso nei confronti dei vertici sindacali da parte della base.
Su 34.751 aventi diritto soltanto 863 giornalisti sono andati a votare, con alcuni casi paradossali come in Calabria dove su 531 aventi diritto nessuno si è recato a votare o in Friuli Venezia Giulia un solo votante. Nel Referendum autonomo dell’Associazione Stamparomana (Asr) i no sono stati 998.
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 20:09