
Parole gravi ed insolenti quelle su Massimo D’Alema, nessun Premier può permettersi uno stile strafottente, improprio e sbeffeggiante, meno che mai nei riguardi di un ex primo ministro. D’Alema non ha certo bisogno della nostra difesa, anche perché con lui siamo agli opposti, ma di sicuro non merita sberleffi per conto di un giovanotto che esclusivamente per grazia ricevuta si ritrova Premier senza essere stato votato dagli italiani.
A proposito dei quali è tutto da vedere che stiano con Renzi, quando si voterà (noi crediamo nel 2015) scopriremo la verità sul coram populi, di cui il Presidente del Consiglio appare certo. Nel frattempo registriamo una ridicola ed arrogante insistenza fatta di slogan e stupidaggini in libertà, come se gli schiaffi presi fino ad ora fossero stati acqua fresca. E sì che lo stesso Napolitano si era preoccupato, pochi giorni fa, di richiamare Renzi ad atteggiamenti più urbani e moderati. Niente da fare, il Premier appena uscito dal Quirinale se ne è letteralmente infischiato, ricominciando subito ad insolentire il resto del mondo. E’ come se stessimo a teatro a guardare una commedia, a tratti kafkiana a tratti pirandelliana.
Sui dati snocciolati con aria querula e melensa da parte del ministro di corte Padoan, stendiamo un velo pietoso, come sempre sono lontani dal vero e lui lo sa benissimo. Nel 2014 chiuderemo, se va bene, a meno 0,5%, quanto poi al 2015, nemmeno mago Zurlì annuncerebbe un più 0,6% se non di più. Del resto se già oggi siamo sotto di 0,3 punti, figuriamoci di quanto scenderemo ancora fino a dicembre, considerata la vergognosa raffica di tasse che ci aspetta nei prossimi tre mesi.
Gli esborsi usurari imposti dal fisco, svuoteranno infatti, quel poco che resta di svuotare delle nostre tasche, dunque, ancora meno consumi, spese, acquisti, ed arriveremo al 31 dicembre giusto con gli spiccioli per una bibita. Tale sarà il bilancio di un anno, questo, che il Premier (a febbraio) prometteva essere l’anno della svolta, dell’inversione di marcia, della crescita e della ripresa.
Forse il vero gufo è proprio lui, il Presidente del Consiglio, visto che avviene esattamente il contrario di quel che prevede. Come se non bastasse insiste, la storia del Tfr è vecchia di almeno 10 anni, qualcuno ne aveva già parlato incontrando muri di cemento. L’idea è nobile, ma tirare fuori dai bilanci delle aziende 15/20 miliardi è praticamente impossibile.
L’unica via sarebbe quella di mettere insieme una enorme garanzia bancaria da parte delle imprese, una fideiussione gigantesca seppure singolarmente divisa, che consentisse agli istituti di credito di erogare in parte e su richiesta, le quote di Tfr disponibili per i lavoratori. Servirebbe un grande accordo fra Stato, banche ed imprese, che sciogliesse i nodi della liquidità, delle garanzie e della fiscalità incidente sulle eventuali corresponsioni. Una cosa bella ed utile certamente, ma che in Italia ed oggi, sembra più una favola che una possibile realtà, meglio dunque pensare ad altro, visto che è già impossibile spingere le banche a riversare solo una parte dei miliardi che hanno preso dalla Bce.
Non c’è lotta all’evasione che tenga se tra amministrazione e cittadini è guerra totale, infatti i dati confermano il fallimento di atteggiamenti persecutori, spionistici, intimidatori. Più si terrorizza, per altro spesso sbagliando, più la gente si ripiega, si chiude, più quel che resta della ricchezza tende a fermarsi. La lotta all’evasione non si combatte con la fucilazione sul posto, ma imponendo tasse eque e non rapine, pacificando in modo ragionevole l’immensità del contenzioso, contrapponendo gli interessi, tassando la ricchezza quando si manifesta e non quando si produce.
Più numerose sono le causali di imposta e più numerose saranno le opportunità di evasione, più si inaspriscono le norme e più si aumenta l’antagonismo, più si ritassa il tassato e più si generano reazioni. Insomma, la prima riforma dovrebbe essere proprio questa, quella del fisco, perché tutto parte da lì, dalla collaborazione partecipativa fra Stato e contribuenti, in un clima di pace e fiducia e non di rivolta come accade da noi. Detto ciò, auguriamo di cuore a Renzi che Babbo Natale gli porti in dono umiltà, saggezza, perspicacia e libri da leggere sul come si diventa statisti e innovatori (a proposito, la nomina all’Inps di un giovane ex ministro di 75 anni è nel programma di rottamazione?).
All’Italia auguriamo invece che esca, davvero, da questo incubo, anche perché se lo merita eccome!
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 20:16