Il multiculturalismo   che nasconde i volti

Dove ha inizio e dove finisce quella linea sottile e virtuale della libertà individuale alla base della democrazia? A prescindere che la libertà è unica, singolare, non negoziabile e indissolubile per cui a nessuno è permesso violarla, “è facoltà umana attraverso la ragione cercare di essere coerenti con la difesa della libertà altrui, non imponendo spesso la propria”. Troppo spesso la imposizione della libertà individuale finisce per violare la libertà globale che si fonda su tre paradigmi: legalità, dialogo e riconciliazione. Piero Calamandrei scriveva: “La legalità è condizione di libertà. Senza certezza del diritto non può sussistere la libertà”.

Il relativismo di questa società troppo spesso ci fa essere veloci, poco riflessivi e totalmente a-pragmatici verso elementi che generano l'impressione di essere decisi. In realtà l'applicazione del 'tutto e subito' fa venire meno il concetto di 'Ragione', la quale 'Ragione' siamo noi e gli eventi si realizzano perché siamo noi a volerli, Le cose fatte con 'Ragione', ci offrono una prospettiva diversa da cui guardare la nostra vita e il mondo nonché ciò che diamo per scontato, spronandoci a riflettere sulle tracce che lasciamo dietro di noi.

Per carità quanto scritto non vuole rasentare la maniacalità per l'esaltazione della Ragione e neanche il rompicoglionismo per la libertà, tanto meno il saltibanchismo del 'tutto è lecito perché è bello' ma dare un senso alla 'civiltà delle idee' che è l'elemento insopprimibile che rende l'uomo libero.

Già Libertà, parola antica spesso usata e abusata da certo militantismo osservante che sempre più spesso difende e pubblicizza modelli arcaici di costrizione morale e fisica. Ma la libertà ha un inizio e una fine? Certamente che no! Nasce e vive con la dignità di ogni essere vivente! Allora perché ci si ostina, in nome di un falso multiculturalismo a sostenere che il coprirsi il capo per le donne islamiche è un segno di appartenenza e di costume da ostentare soprattutto in pubblico?

Costume? Segno distintivo? Abitudine? No, per nulla! La copertura integrale del volto o del capo è un'offesa alla dignità delle donne e della loro libertà. Nella maggior parte dei Paesi dell'Unione europea, non ultima la Spagna, l'uso di tutte le forme di copertura del viso per le donne è vietato per legge perché offende la 'libertà di religione'. L'Italia? A parte una legge del 1975 i troppi distinguo politici hanno impedito che 'la scelta storica' di una legge promossa da Souad Sbai, che vieta di indossare in luoghi pubblici burqa, niqab o altri caschi e indumenti etnici che rendano non identificabile il volto della persona, approvata in Commissione Affari Costituzionali alla Camera dei Deputati, venisse abbandonata in nome di un'ipocrisia ideologica e di un pressapochismo tutto italico.

Quello di allora e quello che si deve portare avanti e che appare sempre più doveroso e necessario è il frutto di una "scelta parlamentare storica" utile per dare un segno tangibile e decisivo ad un atto di libertà e civiltà.

Un'azione coerente sulla via della liberazione delle donne segregate e senza diritti. Perché il velo integrale non è mai una libera scelta delle donne ma un segno di oppressione etico, morale e fisico. Il divieto ad indossarlo nei luoghi pubblici è il segno della vera integrazione con il mondo che si vive e che serve a restituire la libertà alle donne immigrate, aiutandole ad uscire dai ghetti culturali nei quali sono rinchiuse e, quindi, lavorare per la loro integrazione.

Sveglia! Il tempo delle ideologie, dei bizantinismi e degli integralismi in nome della religione non possono avere spazio nella nostra realtà. Serve coerenza e coraggio....e poi diciamolo, il corpo è libertà la gestione del proprio corpo è libertà. Libertà che non è omologazione nei costumi, nel pensare e nel vivere la quotidianità.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 20:15