
Il decreto legge cosiddetto “Sblocca Italia” approvato dal Consiglio dei ministri il 29 agosto 2014 e presentato quale misura di rilancio dell’economia italiana in recessione, non serve. Ove mai il Decreto si realizzi, stanti le innumerevoli enunciazioni, non è previsto alcuno sblocco di lavori per il corrente anno 2014 e unicamente lavori per la cifra di meno di quattro miliardi (ne servono cento) per gli anni 2015, 2016 e 2017, ancora da includere nella legge di stabilità e già stanziati dai governi precedenti.
L’annuncio di Matteo Renzi, che testualmente nel caso si specie ha affermato: “Si sbloccheranno opere per 10 miliardi in 12 mesi”, è ancora una volta e come sempre falso e non veritiero. Nel testo manca la parte – consistente e migliore – relativa alla proroga e rivitalizzazione della legge obiettivo, prevista e varata dal governo di Silvio Berlusconi nel 2001 diretta a coinvolgere nel finanziamento delle grandi opere le iniziative private in maniera efficiente.
Il testo attuale si palesa quale lo specchio dello stile vetero dirigista che contraddistingue il governo pro tempore, teso a semplificare il dirigismo, piuttosto che a legiferare in maniera consona a economie di mercato, e di mercato globale.
Il decreto “funziona” minimamente laddove più si avvicina ai progetti facenti capo al governo di Berlusconi sulle concessioni per la banda larga e l’asse ferroviario Napoli/Bari, osteggiati entrambi ferocemente allora, adesso riesumati alla bisogna. Gli investimenti per cablatura elettronica e tratta ferroviaria non verranno attuati prima del 2016, contro l’anno 2001 del governo Berlusconi.
Nel decreto non v’è traccia di privatizzazione di imprese pubbliche, finita a data da destinarsi per contrarietà manifesta di Regioni ed enti locali, così come alcuno sblocco della burocrazia dell’edilizia, anch’essa sostanzialmente subordinata alle arbitrarie previsioni delle leggi regionali e degli “strumenti urbanistici”. Sono previste nuove competenze in capo alla Cassa Depositi e Prestiti di cui sarà felice Franco Bassanini, vi è un’idea vaga di privatizzazione di immobili del demanio militare e di project bond per l’investimento privato/pubblico a venire.
Il presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi, ha già ammonito Matteo Renzi e il suo Governo sulle riforme da fare. Con tale decreto risulta chiaro, nero su bianco, che non ci sono né saranno investimenti né privatizzazioni volti a ridurre il debito e la spesa pubblica, meno che mai per l’efficienza dei rapporti di lavoro.
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 20:19