
Non è il caso di spiegare perché sarebbe molto più logico e opportuno andarci cauti sui trionfalismi legati alla nostra capacità di sostenere l’enormità del debito. E’ evidente l’estrema precarietà della situazione contabile italiana: se poco-poco aumentassero i tassi – e prima o poi succederà – tutto diventerebbe davvero pericoloso, per non dire peggio. Come se non bastasse un debito enorme, sostenuto da una tassazione enorme, non può reggere, meno che mai durante una crisi così estesa e prolungata.
Il rischio di una crisi fiscale provocherebbe una reazione a catena deflagrante. In più, a complicare la faccenda ci si mette un euro forte, troppo forte per agevolare l’export. In buona sostanza siamo in un brutto vicolo, bruttissimo. Qualsiasi saggio e avveduto economista potrebbe confermarlo.
Il premier, per risolvere tutto, insiste sulle riforme, in particolare sulla necessità di velocizzare la produzione legislativa e l’operatività del Parlamento. Tutto giusto, ma va ricordata una cosa: la velocità è uno dei problemi, senza dimenticare la qualità delle leggi. Infatti, di fronte a una produzione normativa sbagliata, se non demenziale, meglio essere lenti. Più tempo ci si mette e meno danni si commettono. La velocità non ha senso se non si accompagna a provvedimenti utili, necessari e coraggiosi.
In Italia, negli ultimi anni, riforme o no, si sono presi provvedimenti di politica economica a dir poco incredibili e i risultati si vedono: il Paese sta letteralmente in ginocchio. Dunque, non saranno le riforme a risolvere il rebus, ma più semplicemente la bontà e la qualità delle leggi di stimolo, alleggerimento, supporto al sistema Paese. Detto ciò, va da se che migliorare la Costituzione – e aggiornare le istituzioni – sia necessario e urgente.
Il vero male del nostro Paese è stata la politica e i politici degli ultimi trent’anni, in un mix di scandali, tangenti, sprechi, sperperi, corruzioni e ruberie equivalenti a una immensità di danaro pubblico bruciato in nome del consenso, del potere, della disonestà. Ecco perché, ci ritroviamo sull’orlo del baratro, siamo stati dissanguati e tartassati per elargire soldi sudati a una classe politica che li utilizzava a comodo suo.
Così riforma è diventata la parola magica dietro la quale la politica incapace si nasconde per giustificare tutto il male, sperando di distrarre l’attenzione dai suoi comportamenti. In una antica e consolidata tecnica dei politici italiani, di fronte ai passaggi più delicati e pericolosi, si addossa ogni cosa o all’evasione fiscale o alle mancate riforme. Insomma, a tutto fuorché alla disonestà morale e intellettuale della classe dirigente.
Di tempo ce n’è poco: riforme o meno, servono provvedimenti rapidi per invertire una rotta che ci sta portando a sbattere. Lo sanno e lo hanno capito tutti, Europa in testa. Speriamo che lo capisca anche il premier, prima che sia troppo tardi.
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 20:12