Ccnlg della discordia, <br / > ora un referendum

Giornalisti nella bufera. Non era mai successo che la firma di un contratto suscitasse tante reazioni negative. La spaccatura è iniziata all’interno della segreteria della Federazione, impegnata nel negoziato con gli editori. Alle sei del mattino, dopo un’ennesima e affrettata maratona, il segretario Franco Siddi ha firmato il contratto con altri 7 componenti del vertice (il presidente Giovanni Rossi, Fabio Azzolini, Raffaele Lorusso, Carlo Maria Parisi, Paolo Perucchini, Luigi Ronsisvalle e Daniele Stigliano). Contro si sono dichiarati in tre (Fabio Morabito, Ezio Cerasi e Elena Polidori de “La Repubblica”), mentre altri tre componenti (Guido Besana, Camillo Galba e Leyla Manunza) si sono astenuti in attesa di verificare se il Governo manterrà le promesse contenute sul decreto di destinazione dei 50 milioni in aiuto all’editoria in crisi.

È la conclusione di una stagione negativa per la categoria, alle prese con una delle più gravi e profonde crisi degli ultimi anni a causa della caduta delle vendite dei quotidiani, del crollo dei proventi della pubblicità (le aziende in crisi hanno ridotto le iniziative promozionali), degli inadeguati piani industriali di fronte all’avanzare del digitale e di altre tecnologie che impongono di rivedere il modo di fare giornalismo in Italia e in Europa. Il coro di proteste era partito subito dopo l’accordo siglato dal sottosegretario Luca Lotti, da Giulio Anselmi per la Fieg, da Andrea Camporese per l’Inpgi sul cosiddetto equo compenso. Un’intesa giudicata, per i compensi da fame fissati, dal presidente dell’Ordine dei giornalisti Enzo Iacopino: “Una vergogna”. Avevano protestato e invitato a non firmare anche le associazioni di categoria romana ed emiliana mentre in Rete si susseguono critiche, petizioni, accuse. Sotto accusa il vertice del sindacato, quella Fnsi retta da troppi anni dalla coppia Siddi-Rossi, egemone della corrente di sinistra e circondata dall’appoggio delle piccole associazioni che hanno tutto da guadagnare stando a stretto contatto con la Fnsi di Corso Vittorio.

I rappresentanti dei lavoratori autonomi eletti nella Commissione contratto hanno espresso “dissenso” e si sono dissociati dalle decisioni assunte dalla Fnsi nelle trattative sul lavoro autonomo e l’equo compenso. Tante le critiche nel merito. La principale riguarda il fatto che le sotto-retribuzioni allontanano le possibilità di assunzione e stabilisce “ope legis” criteri che rendono impossibile vivere di lavoro autonomo. E portano un esempio: un autonomo, free lance o precario stakanovista, che lavorasse a tempo pieno anche per due o tre testate, arriverebbe a guadagnare, con le cifre indicate nell’intesa, 5-6mila euro lordi all’anno. Preoccupano anche altri aspetti del nuovo contratto a partire dall’introduzione del salario d’ingresso per i nuovi assunti che in pratica significherebbe lavoro sottopagato rispetto ai parametri contrattuali attuali, con il rischio di licenziamento dopo 36 mesi, dal momento che si prevedono contratti a tempo determinato.

Per gli 800 giornalisti che hanno firmato la petizione di Andrea Montanari per un congresso anticipato della Fnsi l’accordo è senza certezze, non sono stati fissati gli aumenti contrattuali, né stabiliti i criteri e le quantità delle assunzioni. Così facendo gli editori scaricano sui precari la riduzione del costo del lavoro. Per i critici dell’operato dei vertici Fnsi l’accordo è il figlio di una stagione terribile segnata da una crisi epocale dell’editoria. Una volta, prima dell’entrata in vigore definitiva veniva indetto referendum di tutta la categoria o era necessaria l’approvazione di un congresso straordinario. Questa volta?

 

Aggiornato il 05 aprile 2017 alle ore 20:44