
Rodolfo Murra: un nome una garanzia, un brand per ogni stagione, campione dei voltagabbana forensi, ovviamente sempre per questioni ideali e di alti principi.
Sale al vertice dell’Avvocatura Capitolina (Roma Capitale) appena eletto il sindaco Ignazio Marino (un altro capolavoro tra quelli che ha collezionato l’uomo che voleva liberare Roma). Gode di uno stipendio da grande manager: 270mila euro l’anno, nove volte quello di un avvocato tra i 35/40 anni che consuma l’asfalto tra gli uffici del Giudice di Pace e il Tribunale, utilizzando le pause per un deposito in cancelleria e lunghe file per richiedere una copia di atti o un’iscrizione a ruolo.
Gli avvocati del Comune di Roma godono di automatici ed illegittimi (secondo il ministero dell’Economia) benefit ogni volta che, svolgendo il lavoro per il quale vengono pagati, riportano una vittoria in una causa nella quale il Comune è parte. Se il giudice, titolare della causa, accoglie le ragioni del Comune e condanna l’altra parte, gli avvocati di Roma Capitale (dirigenti a posto fisso del Comune) ricevono un premio per aver fatto bene il proprio lavoro.
Come se un operatore ecologico, per aver pulito bene la strada, venga gratificato di una percentuale auto-calcolata in aumento sullo stipendio, mentre se ha lavorato male lo stipendio viene corrisposto interamente. Il Paese di Bengodi. Quando invece risulta vincente la parte avversa (una persona, una società che fa causa al Comune), con condanna del Comune alle spese processuali, all’avvocato le spese di lite non vengono pagate. Gli avvocati comunali dovrebbero istruire la pratica ed adoperarsi per far corrispondere al collega il dovuto, ma non ottenendo alcun premio per tale lavoro se ne fregano. Da più di sei anni chi scrive, avendo vinto delle cause contro Roma Capitale nel 2006, 2007 e 2008, deve avere dall’Avvocatura capitolina la modesta somma di 2.338,58 euro. Quindici solleciti, telefonate, email, fax, ricerca vana di un interlocutore al quale sottoporre una supplica, tutto inutile. Silenzio tombale. Ignorare, dimenticare, archiviare la regola ferrea del capo dell’Avvocatura del Campidoglio, attualmente impersonata dal demiurgo del diritto, avvocato Rodolfo Murra. Un intelligente modo di mettere a frutto l’inoperosità. Non produrre genera risparmio di energie, di denaro per l’Ente di appartenenza.
Ma il talentuoso Murra offre anche caratteristiche di particolare dinamismo. All’epoca della presidenza Conte dell’Ordine degli Avvocati di Roma, pur essendo stato eletto consigliere nella lista concorrente a quella di Conte, alla quale aveva espresso tutta la sua eterna fedeltà, con un acrobatico doppio salto mortale ha aumentato repentinamente il drappello dei vincitori a condizione di essere nominato “Consigliere segretario” dell’Ordine di Roma (corrispondente alla carica di vicepresidente).
Il nostro eroe ha subito dato un segno della sua ruvida inflessibilità, del suo attaccamento alle Istituzioni (con la “I” maiuscola), della sua illuminata maestria. Per farsi conoscere dal personale amministrativo dell’Ordine ha, in primis, inviato un editto ai lavoratori. Una lettera a tutto il personale (circa 40 persone), pubblicata sul notiziario, nella quale esordisce vantandosi di essere nato a Tor Bella Monaca (una frazione di Roma Capitale, all’esterno del Grande raccordo anulare, su una zona ondulata, solcata dalla marrana), dove, a suo dire, avrebbe frequentato delinquenti e prostitute, per cui non si sarebbe fatto prendere in giro da quattro impiegatuzzi. Una bella presentazione, non c’è che dire! Poi il rap del Murra pompa una dura lotta contro il personale dipendente: offese gratuite, supponenza subliminale, richiami, provvedimenti disciplinari a gogò, fino a minacciare e far sorvegliare alcuni dipendenti da un investigatore privato pagato con i soldi dei contributi versati dagli avvocati iscritti all’albo di Roma.
Se la nostra amministrazione comunale, erede dei fasti antichi, è ridotta ad una palude, la responsabilità non la dobbiamo ascrivere solo ai politici. Dirigenti e funzionari occupano ruoli e compiti importanti non per essere al servizio dei cittadini, ma per i loro affari privati, le loro vendette personali, le loro rivalse, eludendo l’aiuto dello psicanalista. Come si dice, il tempo è galantuomo. Si narra che attualmente il prode Murra si trovi coinvolto in un procedimento disciplinare davanti al Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Roma. Da incolpante a incolpato. Mentre all’epoca il padrone delle ferriere sciabolava a destra ed a manca contro inermi padri di famiglia, generando allarme e paura, offendendo la dignità di onesti e probi lavoratori, oggi il demiurgo dell’azione disciplinare per vendetta politica ed antipatia personale si trova nella veste di incolpato, in quanto sottoposto ad un procedimento disciplinare, al quale si oppone con penose argomentazioni e con risibili giustificazioni degne di un bambino colto con le mani nella marmellata. Una sciarada.
Un tempo l’integerrimo avvocato, proprio in forza della sua origine periferica a Tor Bella Monaca, disapprovava coloro che miseramente si discolpavano senza avere la dignità di subire la sanzione a testa alta. Esempi ricorrenti di personaggi da carta bollata che affollano le nostre istituzioni e sommano alla inettitudine l’incapacità alla guida e al comando degli uffici. Un prosopopea liquida come l’acqua.
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 20:10