Orazione funebre per il… Centro

Cappotto-fagotto? Insomma, c’è stato l’en-plein renziano tra Europee e Amministrative oppure no? Per ora il conteggio è tra chi parte e chi resta. Intendasi, sia per le amministrazioni perdenti posto, che per quelle subentranti, nuove di zecca, come dimostra il clamoroso “colpaccio” del M5S a Livorno, tradizionale roccaforte dei comunisti duri e puri.

Di certo, la dichiarazione di Matteo Renzi per cui “sono finite le rendite di posizione” stride assai con quella sua precedente, ostentata dopo il 26 maggio scorso, secondo cui occorreva “mettere la residenza nel 40 per cento” (nel senso di farne una cifra consolidata della rappresentatività elettorale nazionale del Partito Democratico), dato che anche quest’ultima, per definizione, rappresenterebbe una “rendita di posizione”, ancorché del tutto labile e una-tantum!

Sta di fatto che il Pd piazza le sue bandierine in ben 160 comuni al disopra dei 15mila abitanti e conquista al Nord molte roccaforti tradizionali del centrodestra. Ancora una volta, come fanno molti osservatori avveduti, occorre concentrarsi su due macrofenomeni elettorali. Il primo, che qui interessa molto più da vicino, è la progressiva irrilevanza e scomparsa dei famosi “cespugli” centristi, nonché la sepoltura definitiva di tutte le velleità così dette “terzopoliste”.

È un bene, o un male? Torniamo una decina di giorni addietro, riesumando la dichiarazione di Michele Boldrin, a seguito del disastro di “Fare” e Scelta Civica - letteralmente annientati dall’elettorato italiano - secondo cui nei “22 milioni di astenuti c’è largo spazio per una rinascita liberale”. Ma stiamo scherzando? Se potessimo fare uno screening di massa su quella maggioranza silenziosa, ci accorgeremmo che il 99% dei suoi membri nutre aspettative di un intervento assistenziale dello Stato per sussidiare le proprie economie familiari disastrate. Perché, malgrado Fukuyama, non è affatto vero che abbia vinto, una volta per tutte, il liberalismo capitalista sul comunismo massimalista e sulla sua folle teoria della pianificazione centralizzata. Basti pensare alla Cina, che non solo è imbattuta politicamente, passando indenne ai crolli dei muri del 1989 e alla dissoluzione dell’Urss nel 1991, ma che oggi sfida in campo aperto la massima economia del pianeta proponendo il suo incredibile mix capital-comunista, in cui il partito unico governa su di una miriade di imprese e di società per azioni private e quotate sulle borse internazionali. Tanto è vero che lo yuan è tra le valute il cui cambio è tenuto artificialmente basso dalla sua Banca centrale! “Quel” potere fa sì che, malgrado una corruzione mostruosa e dilagante, in pochissimi mesi la Cina sia in grado di costruire delle mega città e centinaia di chilometri di nuove metropolitane, assolutamente efficienti e moderne. Sapete quanti italiani farebbero volentieri il cambio di regime pur di vedersi assicurati quei ritmi di crescita e malgrado i tragici costi, che i cinesi stanno pagando, per gli effetti negativi sull’ecosistema locale e planetario?

Allora stiamo molto ben attenti a quello che diciamo e facciamo, perché, grazie alla Rete, moltissimi dispongono del “mondo dentro casa”! Quindi, ritornando all’argomento principale, che volete che contino per un elettorato così fluido i “pacchetti” di voti sicuri e fidelizzati di una volta (consolidati, soprattutto, attraverso la vecchia prassi delle clientele politiche) di Udc, Fratelli d’Italia e degli altri ramoscelli centristi di questo Paese dalle membra politiche sparse e litigiose? Facciamo bene attenzione alla lezione che ci viene soprattutto dalle Europee e dalle città, dove, da un lato, contano “zero” le alleanze costruite a tavolino e le manovre tra “cacicchi” (tipo Fare + Centro Democratico + Scelta Civica, ovvero Ucd + Ncd di Alfano), dove batte i pugni chi ritiene (a torto, come si è visto!) di avere più rappresentanza sul territorio rispetto agli altri follicoli alleati!

Mentre, dall’altro, fortini ideologici inespugnabili sono caduti e naufragati miseramente solo e soltanto perché sfidati da un’offerta politica fortemente innovativa, nei simboli, nei volti, nei programmi e nella comunicazione verbale. Qui, sul piano locale, i costruttori di sogni collettivi, alla Matteo Renzi o alla Berlusconi, rappresentano un debole traino, anche al massimo del loro fulgore mediatico. Come osserva lucidamente Massimo Cacciari, i sindaci si sporcano le mani con l’amministrazione attiva, con l’obbligo impellente di assicurare ai cittadini servizi indispensabili di prima prossimità, ben sapendo che le loro risorse si sono fatte sempre più scarse e che la spesa per infrastrutture, lavori pubblici e grandi opere è praticamente sterilizzata dal Patto di Stabilità (e oggi anche dal Fiscal Compact), anche laddove le casse comunali siano in attivo.

Quindi, da un lato, “tutte” le formazioni politiche (Pd e FI, in particolare) sono chiamate a uno sforzo immane di rinnovamento delle leadership nazionali e (soprattutto) locali, in modo da stimolare dal basso la rinascita economica nazionale, attraverso comportamenti virtuosi da tenere sia nelle amministrazioni locali che nel Governo nazionale.

Attenzione a non puntare troppo sui “Padri-padroni” o sui Padri nobili dei grandi partiti (Renzi, Berlusconi e Grillo), che oggi si debbono accontentare di rappresentare appena uno scarso 60 per cento degli aventi diritto al voto! Astensionismo e voto di protesta, infatti, rappresentano per il futuro prossimo le armi privilegiate per far cadere i mostri sacri o, viceversa, per innalzare chiunque sugli altari! Pertanto, l’unica difesa possibile per cercare di rendere un minimo stabile il quadro politico italiano è quello di inventarsi una fabbrica delle leadership (che debbono essere plurali, in modo da offrire una struttura di persone carismatiche, a sostegno di una strategia politica di lungo respiro, chiara e forte), che prescinda dalla favoletta dei curricula on-line o delle “primarie”, più o meno pilotate. Servono, al contrario, dei percorsi formativi seri, fondati su scuole politiche serie, in cui l’età conti molto relativamente, a fronte dei talenti e delle reali capacità individuali. Queste ultime, e soltanto loro, costituiscono la materia grigia di qualità, da sperimentare e formare accuratamente, attraverso i due pilastri di sempre.

In primo luogo, garantendo agli interessati risorse adeguate per l’apprendimento dello strumento della comunicazione politica più evoluta. Secondariamente, obbligandoli a rispettare e seguire un “cursus honorum” pratico e progressivo sul campo, che proceda dal basso, attraverso esperienze di amministrazione attiva, maturate nelle istanze territoriali (quali: comuni e loro consorzi di classe demografica crescente; regioni) d’importanza progressivamente maggiore.

In sostanza, il mio consiglio è quello di tornare, rivisitandolo e arricchendolo in chiave moderna, al modello del “Partito di Popolo”, fatto di persone reali, e non di tessere!

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 20:08