L’omaggio all’Arma:   siamo tutti carabinieri

Questo articolo vuole rendere omaggio all’Arma dei carabinieri nel bicentenario della sua nascita. Siamo tutti carabinieri senza distinzione di sesso, di etnia, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. Siamo carabinieri come portatori sani del morbo dell’onestà, quell’onestà praticata non per timore della sanzione, quell’onestà espressa dall’imprinting, il dominio attivo, il valore genetico dell’apprendimento infantile scritto nel cromosoma dei genitori e impresso nel DNA all’alba della vita. Siamo carabinieri per il rifiuto alle incerte vie dell’ipocrisia, del disprezzo, della menzogna, evitando di svolazzare qua e là, ora mestamente ora a rasoiate, cambiando forma ondulare, correndo di lato, resecando l’area dell’opaca condotta dell’apparenza, alacre e inutilmente mercuriale, senza un’origine e senza una meta ma furiosamente veloce a cambiare opinione.

Siamo carabinieri andando nei luoghi del martirio, dove la sofferenza è grande, chiedendo la redenzione dal peccato e dalla commissione del reato. Siamo carabinieri perché non siamo prigionieri del denaro, di spericolate iniziative, di affabulare gli ingenui, ora tramando, ora delegittimando gli stessi compagni di cordata e ora offendendo il ruolo della stessa professione che esercitiamo, vibrando calunniose accuse, improvvidi ammonimenti, penose diffamazioni con la golosità dei ragazzi prodigio cresciuti tra dispute di cortile e vili metodi dialettici. Siamo carabinieri perché non siamo profeti del bene comune, della moltiplicazione dei ruoli per provarli tutti ora copiando il ruolo di ruvidi contabili, ora assumendo le vesti di spericolati imprenditori, ora truffando la fiducia, ora complottando e imitando la finanza creativa, le congiure di palazzo e le dispute lontane dalla realtà.

Siamo carabinieri perché rigettiamo la spiccata vocazione al suggerimento, all’ufficialità di specchiati esempi di finto candore verbale, che devastano il mondo della praxis, del fare intelligente e che corrompono il consenso degli spiriti gentili, procurano l’aborto dei valori alti della scienza, della concretezza dell’agire e della necessità del risultato. Siamo carabinieri perché abiuriamo le oscure proposte scritte nelle pieghe della legge, mendace iperbole di appelli ingannevoli che incitano al disprezzo dell’inconfutabili sentenze dei numeri, dell’imperativa necessità dell’azione e della concretezza dell’agire, dei risultati delle indagini empiriche, dell’espressioni eloquenti dell’induzione scientifica, dei metodi quantitativi della ricerca sociale, dell’analisi dei dati, delle tecniche e procedure quantitative.

Siamo carabinieri perché censuriamo la lunga serie di gravi errori condonati; la metempsicosi dal sacro al profano, dal dichiarato aulico al vissuto fangoso, dal vero delle parole al falso dei comportamenti. Siamo carabinieri perché disprezziamo i mendaci richiami al bene comune, di coloro che affondano lungo i sentieri perniciosi degli interessi personali, che campeggiano tra un’intervista e una dichiarazione fulminante; finti cantori della difesa dei superiori valori del popolo italiano. Siamo carabinieri perché non siamo caduti rovinando a terra, con la schiena curva, in cerca di un successo pur che sia, picchiando a quei portoni, dove la legge trova un incerto asilo, cercando un effimero ristoro e coltivando temerarie illusioni.

Siamo carabinieri perché non siamo andati pellegrini nei luoghi del diritto, dove il dettato della norma si mastica come la gomma americana, per eludere la forza dei numeri, del vissuto reale, dell’impietosa durezza della correttezza, della lealtà, della probità. Siamo carabinieri perché non abbiamo dimenticato gli studi, l’amore per la professione, la dignità, perché abbiamo perseguito la speranza con ogni sforzo. Siamo carabinieri perché coltiviamo una fede incrollabile in un futuro migliore, e non abbandoniamo l'aspettativa anche quando le circostanze concrete sono così avverse da indurre a credere che, al contrario, ogni speranza è perduta.

Il carabiniere è l’uomo del fare che guarda oltre l’orizzonte entra nell’ignoto conosciuto, il grande territorio ignoto appunto che viene conosciuto gradualmente, allargando e spostando sempre avanti l’orizzonte per nuovi e migliori traguardi. Il carabiniere è il difensore della porta accanto, l’icona millenaria della difesa possibile, l’ingegnere del diritto, consolatore dei dolori della gente comune, sacerdote laico dei problemi che affliggono le persone indifese, imprenditore in rosso e nero della propria stazione. Il carabiniere è chiamato alla difesa del proprio lavoro, della propria professionalità, della propria immagine ogni giorno, ogni ora, ogni minuto. Un bagliore, una speranza, l’eterna ricerca del nuovo. Il carabiniere forma una diga all'avanzare di quella marea immateriale conosciuta come odio, che occupa ogni territorio, ogni luogo, entra nel cuore degli uomini come un male inguaribile, con la facilità del diffondersi di una epidemia.

E’ come fermare il vento; penetra ovunque. L'odio si nutre dall'interno, con una forza che si moltiplica incessantemente; avvelena ogni frazione del tempo che trascorre, anche durante la notte quanto turba le ore del sonno. L'odio proviene da coloro che sono nati nella stessa città, che hanno condiviso un tratto della vita insieme, da coloro che hanno solennemente dichiarato di amare, di amare per sempre per tutta la vita. Nessuno vede, nessuno ascolta, nessuno capisce. Un uomo solo è presente il carabiniere che perpetua il messaggio antico della verità: “La verità né per violenza si toglie né per antichità si corrompe né per occultazione si minuisce né per comunicazione si disperde; perché senso non la confonde, tempo non l’arruga, luogo non la nasconde, notte non l’interrompe, tenebra non la vela”.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 20:01