
Tutti dicono di voler rifondare il centrodestra ma nessuno ha ben capito cosa fare. Questo è fantastico oltre che indicativo dello spessore degli attori in gioco. Pare infatti che la batosta elettorale non sia servita visto che ognuno tenta di costruire un suo personalissimo centrodestra contro gli altri protagonisti della vita politica, mostrando per giunta un intento “contra personam” che sovrasta la volontà propositiva. Silvio Berlusconi lo vuole costruire contro Angelino Alfano, Raffaele Fitto e quell’enorme indistinto calderone di persone che egli considera “traditori” (cioè tutti coloro che non gli dicono che è un genio); Alfano lo vuole costruire contro Fabrizio Cicchitto, Gaetano Quagliariello e Berlusconi; Gianfranco Fini lo vuole costruire (neanche a dirlo) contro il Cav; Giorgia Meloni, per bocca di Fabio Rampelli, vuole costruirlo contro la Lega e contro i Lepenisti (ma Giorgia non si era fatta il selfie con Marine Le Pen?); Beatrice Lorenzin lo vuole costruire con Fini e contro Berlusconi ma anche contro le spinte neoforziste di Alfano.
Tutta bella gente, insomma, che ha ben chiara la storica responsabilità di dover superare le differenze per dare rappresentanza ad un popolo (quello italiano) che a maggioranza non è di sinistra. La verità è che nessuno sta facendo politica: tutti brigano contro il Cav il quale, ferito dalle note vicissitudini, si difende arroccandosi con i suoi fedelissimi. In questo gioco al massacro ci rimette il povero Raffaele Fitto che cerca di essere proattivo ma viene fatto oggetto di strali tremendi perché osa pensare e per giunta dare una scossa ad un mondo, quello forzista, graziosamente e comprensibilmente accucciato all’ombra di Berlusconi. La cosa simpatica, inoltre, è che ognuno ha in mente un modello che nulla ha a che vedere con la ricomposizione del centrodestra: Alfano vuole fare i moderati nell’accezione di gruppo neodemocristiano che si richiama al Partito Popolare Europeo (PPE), Berlusconi vuole la ricomposizione dei moderati così com’erano prima, Fini (dopo aver distrutto non si sa più quanti partiti politici) vuole imporre a tutti il “modello Futuro e Libertà” mascherato da progetto di destra (lui che di destra non è più, ma per fortuna nessuno lo seguirà), Cicchitto vuole unire tutte le frattaglie neocentriste per andare non si sa dove, Matteo Salvini aspetta giustamente alla finestra dopo il successo elettorale e la Meloni sfoglia ancora la margherita facendo “m’ama, non m’ama”.
Nessuno che si renda conto che è il momento della “generazione centrodestra”, quella nata sulla scia del ’94 e cresciuta con gli insegnamenti di Antonio Martino credendo che ci fosse un “popolo liberale” con un programma ben preciso che si proponeva di assicurare la sburocratizzazione dello Stato, la libertà d’impresa, una legislazione laica e non confessionale, un Paese ove ad aliquota onesta corrisponde contribuente onesto, ove vige la sussidiarietà, depurato da una pubblica amministrazione sprecona, ove il servizio dev’essere pubblico ma non necessariamente l’erogatore. Questa generazione se ne infischia della balena bianca, di Alcide De Gasperi, del PPE, di Gianni Letta, della destra storica, della tradizione e della dottrina sociale della Chiesa. Questa generazione è cresciuta con il mito di Ronald Reagan e della signora Margaret Thatcher ed ha visto in Berlusconi colui che poteva incarnare certi valori di libertà. Vogliamo dare casa a queste spinte innovatrici o vogliamo che questa generazione si turi il naso e continui a vedere barlumi di cambiamento nelle parole di Matteo Renzi o Beppe Grillo?
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 20:14