Garantista Sansonetti,   come un risarcimento

L’annuncio che sta venendo alla luce un nuovo quotidiano nazionale è certamente positivo, perché avviene in tempi durante i quali la carta stampata perde sistematicamente colpi a favore di internet e dei giornali on-line. Si tratta del “Cronache del Garantista” diretto da Piero Sansonetti e ha tutto il sapore del risarcimento dovuto al Paese.

Per questo Sansonetti avrebbe fatto bene a concludere i lavori inserendo nel suo discorso qualche nota di autocritica per vicende di cui è stato protagonista e che hanno influito, e non poco, a cambiare in peggio il nostro Paese. Sansonetti, invece, si è limitato a dire che il titolo “Garantista” dato al giornale è adatto ai tempi che viviamo caratterizzati dall’assenza di quello stato di diritto che c’era in Italia fino a vent'anni fa. E’ certamente una affermazione corretta ma allo stesso tempo è un’affermazione monca perché si è evitato di indicare chi ha contribuito a far scomparire lo stato di diritto in un Paese democratico da sempre definito ‘culla del diritto’. Eppure lui era stato abbastanza coraggioso per scriverlo in un libro, che sicuramente servirà agli storici, senza essere smentito dai diretti interessati.

Certo, è solo un frammento di verità ma è una verità pesante quella affidata al libro “La sinistra è di destra” (Bur Rizzoli) per averla vissuta direttamente (“Sono stato testimone oculare dell’alleanza blindata tra i quattro giornali che furono decisivi nella riuscita dell’inchiesta Mani Pulite”). Si trattava della Stampa e del Corriere (allora di proprietà o controllati dalla Fiat), di Repubblica di Carlo De Benedetti e dell’Unità del Pds, che avevano il ‘cuore pulsante’ (com’è stato definito da Sansonetti) in Walter Veltroni e Paolo Mieli che, in caso di disaccordo, decidevano per tutti.

Il pomeriggio di ogni giorno i direttori (tra cui Mieli, Mauro e Veltroni) o i loro vice (tra cui Sansonetti) o i capi redazione (tra cui Antonio Polito) si sentivano telefonicamente per concordare le notizie da mettere in evidenza e a volte anche per concordare gli stessi titoli da dare alle notizie. Era una ‘santa alleanza’ che contava parecchio perché aveva occupato il vuoto lasciato dalla politica, ormai delegittimata, diventando subito organo di supplenza ma soprattutto di ‘interferenza’ e di indirizzo nella bocciatura o meno delle leggi che maturavano nel Parlamento italiano.

Il caso più eclatante fu il decreto Conso concepito per depenalizzare il reato di finanziamento illecito ai partiti e che, di sicuro, avrebbe ridotto sensibilmente le aree di punibilità lasciando alla magistratura solo i casi di corruzione per arricchimento personale, evitando la fine della Prima Repubblica. Ma se, a un primo approccio, il decreto fu considerato ottimo e da sostenere, il pool di giornali cambiò idea, su impulso di Mieli, a causa dei fax (fu la giustificazione) che giungevano nelle redazioni chiedendo di affossarlo. Il giorno dopo il titolo di tutti i giornali, concordato dalla ‘banda dei 4’, fu dirompente: “Cercano il colpo di spugna” che con piccole varianti fu adottato anche da altri media che, nel frattempo, si erano accodati ai 4 battistrada. Le conseguenze sarebbero state disastrose per il Paese.

Scalfaro si rifiutò di firmare il decreto e il governo lo ritirò. Era la Caporetto della Prima Repubblica che 7 mesi dopo, con un Parlamento ormai sotto scacco, pavido e genuflesso al totem del rito ambrosiano (alla faccia della divisione dei poteri), si consegna armi e bagagli abolendo l’immunità parlamentare prevista dal’art. 68 della Costituzione (approvata con la sola astensione dei liberali del PLI) e determinando l’esilio e la morte ad Hammamet di Bettino Craxi a cui il ‘lider maximo’ D’Alema, dopo avergli oggettivamente impedito di curarsi, tentò di tributargli i funerali di Stato che furono sdegnosamente rifiutati dalla famiglia.

Negli anni a seguire, malgrado la presenza maggioritaria nel Paese dei moderati e dei liberal democratici, vi è stata una forte resistenza a poter intervenire sul pianeta giustizia e si è assistito ad una escalation di strapotere giudiziario che ha portato a distruggere capisaldi del diritto e a mettere in discussione la stessa divisione dei poteri. Ma anche oggi è il ‘metodo della banda dei 4’ che sembra dominare i media italiani che hanno lavorato per ‘gonfiare’ l’antipolitica e portare il Paese sull’orlo dell’abisso.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 20:02