
I “miracolati della politica” sarebbero quelli che si sono ritrovati seduti su qualche scranno, quasi a loro insaputa: un miracolo e niente più. O meglio, sono stati eletti perché l’elettore – magari perché convinto di dare il proprio voto al “vate” – si è ritrovato un eletto sconosciuto ai più.
In altre parole, si è convinti di votare “un Dio che non sbaglia mai” (copyright Tommaso Currò) e ci ritrova eletto un Pasquale, Domenico, Maria o Assunta qualunque. Questi ultimi, di fronte al voto espresso con le preferenze, ne raggiungerebbero quante ne sarebbe in grado di raccogliere un qualsiasi amministratore di un condominio medio di una città di altrettanto medie proporzioni. Insomma, saranno pure persone perbene e magari anche preparate, ma senza la copertura e le indicazioni strategiche del loro mentore, secondo il parere dello stesso, sarebbero il nulla.
Sarebbero appunto, per dirla sempre con le parole del vate, dei “miracolati della politica”. Scusate ma ci ritorna in mente quando gli eletti furono caricati su due autobus e condotti verso una località a loro sconosciuta: ne sorridiamo ancora adesso. Del resto gli stessi parlamentari sono finiti in una sorta di buco nero: per dirla con “Il Messaggero”, quelli che dovevano aprire le Camere come scatolette di tonno sono invece “criticati dai Meet-Up, spernacchiati dai loro leader, espulsi se alzano la testa, manovrati come avatar”.
Inoltre, dopo Enrico (nipote di Beppe Grillo che è socio fondatore e vice-presidente del Movimento Cinque Stelle), ecco apparire nei giorni scorsi Davide Casaleggio, figlio del più noto Gianroberto. Ulteriore segno evidente che quei principi di “libertà, uguaglianza, dignità, solidarietà, fratellanza e rispetto” citati nello statuto del M5S sono solo principi scritti. Quello stesso statuto nel quale si può leggere (paradosso dei paradossi) che “gli eletti eserciteranno le loro funzioni senza vincolo di mandato”. L’ennesima beffa del duo padronale.
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 20:18