Che succede se si pente la camorra?

Che cosa succede se si pente la Camorra? Cose turche, direi, invitando però l’uomo qualunque a trascurare il dito che indica il relativo fenomeno, per privilegiare l’analisi della parte nascosta di questa Luna Nera. Domani, terminata la sua confessione-fiume, le migliaia di pagine di verbale, che registrano le rivelazioni del capo camorra, Antonio Iovine (nella foto), saranno ancora più dense di “omissis”. Fino a quando, necessariamente, partiranno a raffica le comunicazioni giudiziarie, la carcerazione preventiva, ecc., per molte decine di pezzi da novanta della politica (soprattutto del centrodestra, come ho ragione di credere) e delle istituzioni.

Allora, qual è il disegno vero che sta dietro tutto ciò? Se guardiamo al solo fenomeno locale, campano e napoletano, potremmo dire che “quella” criminalità organizzata si è di fatto suicidata, perdendo il bene esclusivo e prezioso della complicità del territorio. Forse un giorno conosceremo davvero l’entità del mostruoso avvelenamento di vastissime aree campane, dovuta al massivo sversamento criminale di rifiuti tossici altamente pericolosi, che hanno compromesso interi comparti agricoli locali (non fosse altro per il panico che ha già scatenato, nei consumatori, il rischio di contaminazione delle falde acquifere e dei prodotti agroalimentari di trasformazione locali, come quelli caseari).

Chi potrà mai perdonare a queste bande di camorristi di aver messo a rischio l’esistenza quotidiana d’intere comunità e delle giovani generazioni, lucrando sullo smaltimento illegale dei rifiuti tossici? Nessuno potrà mai più togliere dall’immaginario collettivo la visione di un’intera regione seduta su di una polveriera chimico-biologica, destinata a dispiegare i suoi effetti invalidanti nell’arco di molti decenni ancora. Ecco che, quindi, si rende necessario porre urgentemente mano al ricambio d’interi ceti mafiosi, politici e amministrativi. Perché, del resto, quelli attuali non potrebbero mai gestire le ingenti risorse che lo Stato italiano e l’Europa dovranno pur mettere a disposizione delle collettività locali, per la bonifica dei territori contaminati (ricordate il giochino di Keynes, dello svuotamento e del riempimento successivo delle buche, per la creazione fittizia di posti di lavoro?). Quanto vale il business della “decontaminazione”? Certamente, molti miliardi di euro, che pagherà di tasca propria tutta la collettività nazionale, e non solo. Che cosa accadrà, di conseguenza, al quadro politico? Semplice: si rafforzerà anche al Sud il partito unico (socialdemocratico) di Matteo Renzi, destinato ad assorbire vaste aree del voto moderato, a seguito dei prevedibili scandali, che coinvolgeranno, più di altri, i partiti del centro destra attuale.

Ciò che sta per accadere, dietro i pentimenti recenti dei capi camorristi, mi ricorda “esattamente” ciò che avvenne molti anni fa, quando un’intera leadership dei capi mafiosi, Riina in testa, fu avvicendata e consegnata in catene al potere costituito. La ragione era ovvia: quella classe dirigente del crimine organizzato non era più all’altezza del compito, in quanto troppo radicata nelle sue feroci tradizioni contadine (alle quali appartenevano, infatti, sia Riina che Provenzano), che guardavano alle punizioni esemplari, come omicidi e mutilazioni, per giustiziare chi aveva infranto la regola mafiosa, o si contrapponeva ai progetti di conquista del territorio e dell’economia locale. Dietro lo stragismo di Riina, però, s’intravedeva già un contestuale progetto separatista, che guardava ben più lontano, rispetto agli interessi contingenti della Mafia isolana. Oggi, quel germe appena abbozzato, va osservato e rivalutato all’interno della crescita planetaria dei poteri mafiosi nel mondo. Un ciclo si sta per compiere, infatti. Tra non molto, l’inquinamento degli immensi capitali mafiosi che si mimetizzano nell’alta finanza internazionale (quella che, per capirci, muove decine di migliaia di miliardi al giorno, nelle piazze finanziarie di tutto il mondo) sarà tale, per cui ai mafiosi non converrà mai più rischiare di finire in galera per il resto della loro vita, e di venire ammazzati, a causa di faide interne.

Da molti anni, chi conta nel potere mafioso ha mandato i propri figli e i parenti più stretti (affiliati per legami di sangue e, quindi, per definizione, non infiltrabili!) a studiare nelle università più prestigiose del mondo. Costoro sanno benissimo come reclutare il fior fiore dell’intelligenza mondiale, per asservirla ai propri scopi, lucrando guadagni infinitamente superiori a quelli attuali, con operazioni finanziare del tutto lecite. Allora, è chiaro che diventerà assolutamente necessaria una “bonifica” antropologica dei territori (soprattutto del Sud Italia), oggi asserviti alla regola mafiosa. Infatti, affinché gli immensi capitali a disposizione delle grandi mafie (integralmente “sbiancati”, attraverso operazioni di altissimo livello sui mercati finanziari globali) possano fruttare sempre di più, c’è bisogno di abbandonare le attuali operazioni di rapina, facendo decollare un impetuoso sviluppo economico nei territori controllati. Solo in tal modo, infatti, la creazione di ulteriore ricchezza (realizzata attraverso gli scambi commerciali e finanziari, e lasciando ampio spazio alle attività produttive qualificate di svilupparsi liberamente), potrà remunerare adeguatamente i capitali (ex) mafiosi reinvestiti.

Per questo, però, c’è bisogno di realizzare una vasta area di libero scambio, che possa avvantaggiarsi di tutti i benefici della defiscalizzazione più spinta, in modo da realizzare concentrazioni di sofisticato know-how finanziario, caratteristico delle aree economiche off-shore (come le Isole Caiman, o la Svizzera, o il Lussemburgo). Sull’altro versante, però, l’ampia disponibilità di capitale d’investimento deve poter attrarre il meglio della materia grigia sparsa per il mondo, per essere in grado di produrre e sostenere un consistente fenomeno di sviluppo economico interno. Tutto questo, tuttavia, può avvenire in un solo modo. Ovvero: conquistando autonomia statuale piena, in modo da sfilarsi, in particolare, dalle forche caudine dello spazio comune europeo, in materia di diritto penale e civile. Tra l’altro, un Meridione-Nazione, grazie alla sua posizione strategica privilegiata nel Mediterraneo, è destinato a contare ben di più del suo omologo del Nord, posizionato com’è di fronte alle aree mediorientali petrolifere, che ne fanno un interlocutore insostituibile, per i disegni delle grandi potenze, come Russia e America, con ambizioni egemoniche sul resto del mondo.

Come si arriverà a tutto questo? Semplicemente, lasciando che la situazione attuale nel Meridione (disoccupazione dilagante, che vede i mafiosi come unici datori di lavoro e garanti della sicurezza delle loro comunità, grazie al ferreo principio dell’omertà) si degradi fino al punto di non ritorno. Saranno, allora, i moti popolari a fare giustizia di un’Unità Nazionale fittizia, che il Sud ha sempre vissuto, dalla caduta del Regno delle due Sicilie in poi, come una vera usurpazione e conquista, da parte dell’invasore venuto dal Nord. Soprattutto, questo accadrà quando verrà a mancare l’ammortizzatore sociale di massa del pubblico impiego, a causa dei tagli drastici alla spesa pubblica, conseguenza diretta del Fiscal Compact e degli obblighi di rientro dal nostro gigantesco debito pubblico. Sarà un modo, quello dell’indipendenza da Roma, tra l’altro, per riappropriarsi di quell’agricoltura di qualità, che è stata devastata e distrutta -senza alcuna pietà e senso della misura- dalla così detta “Politica Agricola Comune”, o Pac, che nemmeno Renzi e i suoi eventuali succedanei avranno mai il coraggio di rimettere in discussione, per creare milioni di autentici posti di lavoro nel nostro settore agroalimentare. Questo, e non altro, promette il pentimento di Antonio Iovine!

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 20:06