Visita al “Girone degli… Ipocriti”

E vidi alto là in fondo un barcaiolo menare colpi di remo, e col viso indicava la strada e col capo esortava e sollevava il remo come freccia e breccia faceva col sorriso. Chiesi a Virgilio: “Chi è? Che fa? E dove va?”.

E il mio maestro – furbo come chi dalla terra di Padania dovette apprendere il “se po’ fa” di Roma – rispose e non rispose: “Guarda e vedrai”. E vidi. Vidi teste che i visi nascondevano e visi l’un l’altro appollaiati nel ghigno. Ora guardavano, ora non guardavano il barcaiolo. Ora sbirciavano per dar a vedere. Mani di palmo e dorso ponevan sulle bocche come i De Mita e i Forlani della Genesi. Mezzi sorrisi e ghigni alternavano al certificabile dissenso. Indi ritrattavano.

“Ma questo…”, dissi rivolgendomi a Virgilio, “… questo è il Girone degli Ipocriti! Come fu che qui giungemmo? Ma non era sepolto dalla storia?”. “Sepolto mai, sempre pronto a risorgere. Ora lo vedi, l’hai visto, o Figliuolo, il Barcaiolo… ogni volta che un uomo si pronuncia e dice “Io”, pronte le zecche riprendono le vie del pullulare, tra terra e mare, tra lavabo e sciacquone… Ma osserva, osserva l’eterna storia dell’umanità. Non cambia l’uomo, cambia solo il nome”.

E vidi Renzi, il Matteo un po’ Guelfo e un po’ Verdino-Ghibellino, che di remo ci dava che ci dava e – roba da non credere – diceva: “Ci penso io”. E d’improvviso vidi Finocchiari cessare d’imprecare in difesa del suo affare, e vidi il Baffino farsi Tutor e i pulcini Civatini e Franceschini porgere le mani coi ditini, e vidi il bettolino Tressettaro tender le braccia un po’ Montane un po’ Pascose verso il condottiero… e Pisapìni e Vendolini lanciar “uè uè” bambini, e i Veltri urlar “We can!”, e Binetti Cocerlovo a Rosi Bindi, e Civati dirsi primo tra i tanti innamorati. E arrancar vidi temendo l’abbandono i Camussi e i Landini, gli Alfini e i Fini, i Prodi e Colabrodi, la tremante Passerina di Draghi e – incredibile dictu – il doppiopetto dritto seppur Pezz’e Bocconi sillabar: “Sempre fui dei tuoi!”.

E a un cenno del maestro mantovano che in preda al vomito m’avea colto distratto, girai la testa e vidi, sorretto da Cloè, il Savoia parte-nopèo e parte-napolitano sussurrar: “Matteo, deputato ti nomino ad honorem”. Fu allora che Matteo il Fiorentino – vedendomi segnar nomi e blasoni – mi strizzò l’occhio e disse: “Oh te, Senese, mica t’azzarderai a sparger fango? E poi, “un n’è mica tutto fango fiorentino… c’è tutta Italia qui e quanto a Ipocrisia, sai, ce n’avanza!”.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 20:11