
“Tutto quello che non so, l’ho imparato a scuola”, firmato Leo Longanesi. Controfirmato da te, che stai per leggere. E tu sei una delle persone, milioni di persone, sulle quali si può o non si può fondare una nuova stagione dell’Italia: quella della rinascita. Grazie a dio sei ancora minorenne, o maggiorenne per un pelo. L’hai scampata dall’ultima recita dei tuoi adulti: le elezioni. Non l’hai scampata dai danni che ne verranno fuori per tutti. Ma tu sai, senti dentro di te, che la sgangherata quantità di dati e date che la scuola ha ficcato in flebo dentro il tuo cervello e la tua anima, non solo non ti hanno arricchito di “Sapere”, ma probabilmente ti hanno reso handicappato nel piacere, nel desiderio, nella sfida, nel furore, nella responsabilità, nell’impegno verso l’avventura della vita. E, per somma umiliazione, ti hanno perfino dato buoni voti: ti hanno promosso incapace come loro.
Questo è un discorso politico, te ne rendi conto, vero? Perché tutto ciò che non hai imparato a scuola è tutto ciò di cui tu, noi, tutto il nostro popolo abbiamo serio bisogno per rovesciare la prigione nella quale troppe generazioni di adulti ci hanno incatenato. Il fatto è che tu a scuola non hai imparato i fondamenti. Il primo fondamento che non hai imparato è proprio il triangolo perfetto della vita, della responsabilità, della comunità, della fratellanza e del prendersi cura dell’altro come di se stesso: io – tu – noi. La scuola ti ha insegnato il voi e il loro: voi siete gli studenti, loro sono gli insegnanti. Tradotto: loro non sanno che il fondamento dell’insegnare è l’apprendere: apprendere ad insegnare, cioè apprendere chi è il ragazzo che sta lì davanti, diventare il suo linguaggio da scambiare col loro, affinché il loro insegnare sia un continuo apprendere e il tuo apprendere sia un continuo insegnare.
La scuola insomma ti ha certificato un vuoto tremendo: un mancato scambio di prendersi cura dell’altro, di responsabilità individuale. E quando passerai dalla scena della scuola alla scena della politica, troverai la fedele spaventosa clonazione: voi elettori, loro politici. Con la caricaturale differenza che nella scuola la legge stabilisce che siano gli insegnanti a dare i voti agli studenti; e nella politica siete voi, diventati elettori, a dare i voti ai padroni delle vostre vite: i politici. Insomma, così come nella scuola gli studenti non contano niente nella società non contano niente gli elettori, cioè i cittadini. La scuola insegna che le persone non contano niente. Dunque, la sarcastica frase di Longanesi si rivela oggi quasi ingenua, poiché il grande moralista italiano accusava la scuola di non darti istruzione, mentre nel nostro mondo la scuola ti disarma, ti denuda, ti rende oggetto: e questo abisso nemmeno il feroce sarcasmo di Leo Longanesi avrebbe potuto prefigurarlo.
Dunque? Molto c’è da fare, e molto dipende da te, da me, da noi. Ma prima diciamoci la cosa che non è da fare: non dobbiamo nemmeno tentare, sprecare energie e amore, nell’illusione di poter cambiare la scuola dall’interno, cioè confidando nell’alleanza con queste classi politiche, con questa classe dirigente. Riuniamoci tra di noi, fuori dagli orari scolastici. scegliamo e facciamoci scegliere da veri insegnanti appassionati. Facciamo prove, impariamo insieme un cammino nel quale l’insegnare, l’apprendere, l’assumersi responsabilità, il prendersi cura e il progettare siano momenti di una medesima avventura. Individuiamo uno scopo, o anche più di uno, dal quale partire: un’attività compatibile con lo studio e la vita affettiva, una piccola cosa che cresca insieme alla nostra crescita. Per esempio avvicinare alcuni vecchi del nostro quartiere, del nostro paese, capaci e vogliosi di continuare un mestiere insegnandolo e facendone una piccola impresa insieme a noi. Per esempio avvicinare degli amici che i gonzi chiamano “disabili” e invece saprebbero fare più e meglio degli “abili”, e insieme a loro condividere uno studio, una professione, una rinascita…
Ci siamo capiti, vero? Questa è politica. Questa è la politica. Nel nome dello scambio ideale tra insegnare e apprendere. Dell’io, il tu, il noi. E ora non perdiamoci di vista. Andremo avanti fin dai prossimi giorni. Dai! Chi ha un esempio da fare lo faccia.
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 20:05